Discarica di Scapigliato: 330 milioni di euro al Comune di Rosignano
DISCARICA DI SCAPIGLIATO 1982/2012
scarichi a mare di Solvay, alternative e soldi
Scritto da Maurizio Marchi
Martedì 30 Ottobre 2018 17:04
Obbligare Solvay a chiudere gli scarichi e riciclare i suoi fanghi
Dopo le “schiumate” alle spiagge bianche del 10-12 ottobre scorsi, che Arpat ha ricondotto a scarichi Solvay, giova indignarsi e tornare a chiedere la chiusura degli scandalosi scarichi Solvay a mare.
In un vecchio studio del 1983 della Solvay, sollecitato dalla istituzioni del tempo (oggi chi si sogna più di chiederle qualcosa del genere ? ) dal titolo”Smaltimento in mare dei fanghi provenienti da alcuni settori di produzione dello stabilimento di Rosignano, studio delle possibilità di ricupero delle sostanze in essi contenute in relazione al loro valore energetico ed economico”, la multinazionale descriveva vari processi per recuperare i fanghi e riciclarli in settori come la produzione di gesso, la cementeria, la siderurgia o l’agricoltura, o almeno trattenerli e stoccarli in dighe, concludendo sbrigativamente che tutti questi sistemi erano costosi (per lei) ed era preferibile continuare a scaricarli in mare gratis. “E’significativo che le sodiere che in Europa hanno potuto ampliare le loro produzioni di carbonato siano proprio quelle situate in prossimità del mare”, afferma a pag. 10, dimenticando quella di Lisbona (Povoa), che invece è stata chiusa nel 2013, che pur poteva scaricare nel grande estuario del fiume Tago, a pochi km dall’oceano e da Lisbona.
C’è una pagina tuttavia che va riletta più attentamente 35 anni dopo (pag. 36-39) :
Causata, ancora una volta, dal mancato rispetto della normativa sulla sicurezza
di Marco Caldiroli (*)
Una strage causata, ancora una volta, dal mancato rispetto della normativa sulla sicurezza sul lavoro. Quando si sapranno i particolari si potrà valutare il peso di coincidenze e fattori esterni che hanno pesato sull’evento. Quello che è certo che il cedimento del terreno durante i lavori che hanno ucciso il proprietario (imprenditore ma in un altro campo) e tre lavoratori si è verificato a causa della mancata armatura dello scavo. E la fretta di riparare un danno alla fognatura non può mai essere un motivo per mettere a rischio – e perdere – la vita. I morti sono Massimo Marrelli e tre operai che si trovavano con lui: Santo Bruno, 53 anni di Isola Capo Rizzuto; Luigi Ennio Colacino, 45 anni di Cutro; Mario Cristofaro, 49 anni di Crotone.
Anche in questo caso le norme sono chiarissime:
Articolo 118 – Splateamento e sbancamento
Ultimo aggiornamento ( Lunedì 29 Ottobre 2018 11:20 )
821 milioni di persone soffrono oggi la fame e oltre 150 milioni i bambini hanno ritardi nella crescita, denuncia un rapporto congiunto delle Nazioni Unite.
Il numero di persone colpite dalla fame nel mondo continua a crescere, raggiungendo un abitante su nove del pianeta. Allo stesso tempo, si stanno facendo progressi limitati per affrontare le diverse forme di malnutrizione.
Roma, 11 settembre 2018 - Nuove prove continuano a segnalare che il numero delle persone che soffrono la fame nel mondo è in crescita, raggiungendo nel 2017, 821 milioni, vale a dire una persona su nove, secondo lo Stato della Sicurezza Alimentare e della Nutrizione nel mondo 2018 pubblicato oggi. Sono stati compiuti progressi limitati nell'affrontare le molteplici forme di malnutrizione, che vanno dai ritardi della crescita dei bambini all'obesità degli adulti, mettendo a rischio la salute di centinaia di milioni di persone.
La fame è cresciuta negli ultimi tre anni, tornando ai livelli di un decennio fa. Questa inversione in atto manda il chiaro avvertimento che occorre fare di più e con urgenza se si vuole raggiungere l'Obiettivo di Sviluppo Sostenibile di Fame Zero entro il 2030.
firmate la petizione lanciata da Avaaz sulla biodiversità
Scritto da Maurizio Marchi
Domenica 28 Ottobre 2018 18:53
firmate la petizione al link in allegato
Ai leader mondiali:
"Noi cittadini di tutto il mondo siamo profondamente preoccupati dall’allarme lanciato dagli scienziati sul possibile collasso degli ecosistemi necessari alla vita sulla Terra entro la prossima generazione. Vi chiediamo di rispettare gli obiettivi attuali di tutela della biodiversità, di stipulare un nuovo accordo per proteggere e ripristinare almeno il 50% degli oceani e della terraferma, e di assicurare che il nostro pianeta sia gestito in maniera completamente sostenibile. Questo deve tenere in considerazione l’esigenza dello sviluppo umano, e avere il sostegno attivo delle popolazioni indigene. Un obiettivo a lungo termine per il rispetto della natura può riportare l'armonia tra umanità e natura."
Entro il 2020, due terzi degli animali selvatici saranno spariti. La vita sulla Terra si sta spegnendo alla velocità di quando si estinsero i dinosauri, ed è l’umanità che sta abbattendo l’albero della vita.
Se non ci fermiamo, rischiamo di far collassare il delicato equilibrio della biodiversità e di trasformare il nostro pianeta in un deserto inabitabile. Ma c’è una speranza: un piano ambizioso per mettere sotto tutela metà del pianeta, su cui concordano importanti scienziati, può ristabilire l’armonia tra l’umanità e la nostra casa comune.
Questi esperti dicono che se lo metteremo in pratica nel modo giusto, in un modo che rispetti le popolazioni indigene e i loro territori, potremo salvare l'80-90% di tutte le specie!
Facciamo diventare questo piano e la soluzione che propone così famosi che i politici non potranno ignorarli. Unisciti e sostieni anche tu il piano per fermare questa estinzione di massa prima che sulla Terra cali il silenzio.
New York - L’Italia e altri 49 stati contro l’uso indiscriminato di armi esplosive nelle aree popolate in una dichiarazione congiunta all’ONU
New York 26 ottobre 2018 – Palazzo di Vetro
Sono 50 i paesi che ieri, durante la discussione tematica sulle armi convenzionali della Prima Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, hanno firmato una dichiarazione congiunta che esprime pubblicamente preoccupazione per l’impatto umanitario causato dall’impiego indiscriminato delle armi esplosive nelle aree popolate e richiede necessità d’intervento sul tema. Tra questi spicca anche l’Italia, che, per al prima volta in un consesso ufficiale internazionale, manifesta preoccupazione per le conseguenze sulle popolazioni civili delle armi esplosive.