LE CENTRALINE TOSCANE E LA SITUAZIONE NELLA PROVINCIA DI LIVORNO
- Introduzione - La Direttiva 2008/50/CE
La Direttiva 2008/50/CE, al di là della dichiarata preoccupazione di garantire la qualità dell’aria, sembra presupporre il fatto che non è possibile mantenere fin da subito l’inquinamento a livelli del tutto sicuri; si preoccupa quindi di assicurare almeno un numero minimo di centraline su tutto il territorio europeo e di fissare degli obiettivi comuni di riduzione dell’inquinamento, da raggiungere entro un certo numero di anni.
La direttiva dichiara: “Per garantire che le informazioni raccolte sull’inquinamento atmosferico siano sufficientemente rappresentative e comparabili in tutta la Comunità, ai fini della valutazione della qualità dell’aria ambiente è importante utilizzare tecniche di misurazione standard e criteri comuni per quanto riguarda il numero e l’ubicazione delle stazioni di misurazione”.
In una rete, già non del tutto adeguata alle necessità, la Direttiva 2008/50/CE si preoccupa di assicurare che: “Il ricorso a tecniche di valutazione supplementari dovrebbe anche consentire di ridurre il numero minimo di punti di campionamento fissi”, e ancora, ad esempio: “… nelle zone e negli agglomerati nei quali le informazioni provenienti dai punti di campionamento per le misurazioni in siti fissi sono integrate da informazioni ottenute con la modellizzazione e/o con misurazioni indicative, il numero complessivo dei punti di campionamento di cui all’allegato V, punto A, può essere ridotto fino ad un massimo del 50% …”.
A tal proposito si può osservare che le tecniche di modellizzazione, sono utili, comode e possono far risparmiare risorse economiche, ma sono solo simulazioni soggette a errore, specie nel caso di situazioni notevolmente variabili nel tempo e sul territorio. Sono quindi d’aiuto, in aggiunta agli impianti esistenti, ma non li possono sostituire, specie quando il numero di questi è già fortemente ridotto.
Secondo la stessa Direttiva 2008/50/CE, il numero degli impianti previsti può essere davvero basso; si tenga, ad esempio, presente il criterio riportato ad un certo punto (per l’ozono): “in ciascuna zona o agglomerato il numero di punti di campionamento sia almeno uno per due milioni di abitanti o uno per 50 000 km2, se ciò produce un numero maggiore di punti di campionamento …”.
In più parti della Direttiva 2008/50/CE traspare l’intento di permettere il contenimento del numero delle centraline; vi si afferma, ad esempio: “prevedere almeno una stazione di monitoraggio di fondo urbano e una stazione orientata al traffico, a condizione che ciò non comporti un aumento del numero di punti di campionamento…”.
- La Direttiva 2008/50/CE e il D.lgs. 155/2010 non prescrivono la drastica riduzione del numero delle centraline: non si può contrabbandare il numero minimo per il numero massimo
L’Articolo 7 della Direttiva 2008/50/CE del 21/5/2008 prescrive: “in ciascuna zona o agglomerato nei quali le misurazioni in siti fissi sono l’unica fonte di informazione per valutare la qualità dell’aria, il numero dei punti di campionatura per ogni inquinante interessato non deve essere inferiore al numero minimo di punti di campionamento indicato nell’allegato V, punto A”.
L’Articolo 1 del Decreto legislativo 155 del 13 agosto 2010, che recepisce la citata Direttiva, al punto g stabilisce che: “ai fini della valutazione della qualità dell'aria ambiente e' evitato l'uso di stazioni di misurazione non conformi e, nel rispetto dei canoni di efficienza, di efficacia e di economicità, l'inutile eccesso di stazioni di misurazione”.
Nell’Articolo 2, il Decreto dà poi la definizione di “rete di misura”, cioè il “sistema di stazioni di misurazione degli inquinanti atmosferici da utilizzare ai fini del presente decreto; il numero delle stazioni della rete di misura non eccede quello sufficiente ad assicurare le funzioni previste dal presente decreto”.
Lo stesso concetto viene poi ripetuto nell’Articolo 5 che prescrive: “Il numero delle stazioni di misurazione previste dal programma di valutazione deve essere individuato nel rispetto dei canoni di efficienza, efficacia ed economicità”. Infine l’Articolo 7, stabilisce che “Nelle zone e negli agglomerati in cui le misurazioni in siti fissi costituiscono l'unica fonte di informazioni sulla qualità dell'aria ambiente e' assicurato un numero minimo di stazioni di misurazione di ciascun inquinante di cui all'articolo 1, comma 2, pari a quello previsto all'allegato V, paragrafi 1, 2 e 3”.
Sulla base di quanto stabilito dalla Direttiva 2008/50/CE e dal D.lgs. 155/2010, pare chiaro che la drastica riduzione delle centraline di monitoraggio effettuata dalla Regione Toscana non trova alcun riscontro di legge: né la Direttiva, né il Decreto legislativo di applicazione fissano limiti al numero massimo di centraline, né tanto meno prescrivono la riduzione del numero di quelle esistenti.
In sostanza la Regione Toscana ha deciso di ridurre la propria rete di monitoraggio fin quasi ai livelli minimi stabiliti dalla Direttiva e dal Decreto legislativo di applicazione quando, in realtà, al più quest’ultimo parla solo del “rispetto dei canoni di efficienza, efficacia ed economicità”.
Per parlare di fatti concreti e quantificabili, la Regione Toscana ha ridotto il numero delle centraline della rete pubblica regionale passando dalle 97 attive nel 2006, alle 80 di alcuni mesi fa, fino alle attuali 32.
Nella Provincia di Livorno si è passati da tredici a cinque, eliminando ogni controllo sulla zona industriale di Rosignano Solvay, dove funzionavano quattro centraline. La decisione, gravissima, appare incomprensibile, se non alla luce della volontà di tagliare “a più non posso”. Seguendo la stessa logica, si è lasciato a Piombino un singolo presidio. Si sono ridotte, a Livorno, le centraline da sei a tre, limitando quindi molto la possibilità di monitorare il reale peso del notevole inquinamento derivante dal traffico, dall’area industriale e dalle attività portuali. Insomma, anche qui, invece di potenziare la rete di monitoraggio la si è ridotta all’osso.
- La mistificazione perpetrata dalla Regione Toscana per far credere che la qualità dell’aria nelle aree urbane è valutata, secondo la legge, mediante i siti di fondo urbano
Il D.lgs. 155/2010 dispone: “L'intero territorio nazionale e' suddiviso in zone e agglomerati da classificare ai fini della valutazione della qualità dell'aria ambiente… Alla zonizzazione provvedono le regioni e le province autonome …”.
La Deliberazione 1025 del 6 dicembre 2010 della Regione Toscana ha provveduto quindi alla “Zonizzazione e classificazione del territorio regionale”. Nella parte iniziale, tra l’altro, recita:
- “Considerato che la Direttiva 2008/50/CE, art. 2, punto 23, per quanto riguarda le aree urbane, indica che l’esposizione della popolazione viene valutata attraverso siti di fondo urbano in quanto rappresentativi della qualita` dell’aria in tali aree come indicato anche dal D.lgs. 155/2010, all. 3, par. 2, punto 5”, e ancora:
- “… i superamenti dei valori limite avvengono prevalentemente nelle aree urbane delle zone e degli agglomerati e che, come gia` ricordato, l’esposizione della popolazione agli inquinanti in tali aree e` descritta dalle stazioni di fondo urbano”.
In realtà la Direttiva 2008/50/CE, art. 2, punto 23, recita: “«sito di fondo urbano»: sito all’interno delle zone urbane dove i livelli sono rappresentativi dell’esposizione della popolazione urbana generale”. Il D.lgs. 155/2010 recita poi: “L’esposizione media della popolazione è valutata attraverso le stazioni di misurazione di fondo nei siti urbani”.
A una prima lettura, quanto riportato nella zonizzazione della Regione Toscana pare corrispondente a quanto stabilito dalla Direttiva 2008/50/CE e dal D.lgs. 155/2010. Non è però così.
Si può subito osservare che l’espressione: “l’esposizione media della popolazione” usata nella Direttiva 2008/50/CE, viene trasformata, nella citazione pur virgolettata della Regione, nell’espressione: “l’esposizione della popolazione”. Sparisce insomma la parola “media”. Non è, come ora si vedrà, poca cosa.
Per chiarire appieno le implicazioni di questa omissione si tenga presente che la Direttiva 2008/50/CE e il D.lgs. 155/2010 danno un particolare significato tecnico all’espressione “esposizione media”.
Il D.lgs. 155/2010, all’Art. 2, definizioni, recita: “indicatore di esposizione media: livello medio da determinare sulla base di misurazioni effettuate da stazioni di fondo ubicate in siti fissi di campionamento urbani presso l'intero territorio nazionale e che riflette l'esposizione della popolazione. Permette di calcolare se sono stati rispettati l'obiettivo nazionale di riduzione dell'esposizione … ”, e ancora, riguardo l’obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione: “obiettivo nazionale di riduzione dell'esposizione per le concentrazioni nell'aria ambiente di PM2,5”.
La stessa Direttiva 2008/50/CE parla poi all’Articolo 15 e nell’Allegato XIV del “Obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione al PM2,5 - per la protezione della salute umana”. Similmente fa il D.lgs. 155/2010 all’Articolo 12 e nell’Allegato XIV.
In conclusione, secondo la Direttiva 2008/50/CE e il D.lgs. 155/2010, nelle aree urbane l’esposizione media - non l’esposizione – della popolazione è valutata attraverso le stazioni di misurazione di fondo nei siti urbani. Tale metodologia di misura viene utilizzata ai soli fini del raggiungimento dell’Obiettivo Nazionale di riduzione delle polveri sottili PM2,5.
Non è dunque vero che la Direttiva 2008/50/CE e il D.lgs. 155/2010, affermano, come vorrebbe far credere la Deliberazione regionale sulla zonizzazione, che: “…per quanto riguarda le aree urbane …l’esposizione della popolazione viene valutata attraverso siti di fondo urbano in quanto rappresentativi della qualità` dell’aria in tali aree”.
La qualità dell’aria, come è più che chiaramente indicato dalla Direttiva 2008/50/CE e dal D.lgs. 155/2010 - Obiettivo nazionale per le PM2,5 a parte - deve essere valutata anche nelle aree urbane nei vari luoghi, “per ciascun inquinante”, con i vari tipi di centraline e in base al superamento o meno dei vari limiti stabiliti.
La soppressione, effettuata dalla Deliberazione 1025/2010 di zonizzazione della Regione Toscana, della parola “generale” e soprattutto della parola “media”, parola invece ben presente nelle relative significative frasi della Direttiva 2008/50/CE e del D.lgs. 155/2010, produce dunque un pieno stravolgimento oltre che della lettera anche del significato delle disposizioni nazionali e comunitarie. Appare come una vera e propria mistificazione, volta a dare un valore minimale alle essenziali centraline di vario tipo (ad esempio, da traffico) per i vari inquinanti (PM10, benzene, ecc) e ad aprire quindi la strada alla legittimazione della riduzione del loro numero.
Era dunque inevitabile, che - come riportano vari organi d’informazione - fonti interne alla Commissione europea abbiano dichiarato che le nuove regole di misurazione delle PM10 adottate dalla Regione Toscana potrebbero violare la direttiva comunitaria in materia di qualità dell'aria. Sempre secondo questi organi infatti, la qualità dell'aria deve essere rilevata obbligatoriamente sia nelle centraline di traffico che in quelle di fondo.
È da tener presente, a proposito, che la direttiva 2008/50/CE prevede che: “L’applicazione negli Stati membri dei criteri per la selezione dei punti di campionamento è monitorata dalla Commissione in modo da agevolare l’applicazione armonizzata di detti criteri in tutta l’Unione europea”.
A questo punto sorge inevitabilmente il sospetto che la Regione Toscana, mentre piovono sull’Italia le multe dell’Europa per gli sforamenti dei limiti per gli inquinanti negli anni passati, abbia scelto la strada di ridurre drasticamente i controlli al fine di limitare, almeno apparentemente, la rilevanza dei problemi ambientali della regione Toscana.
- Una “zonizzazione” secondo aree assai poco omogenee
Questi dubbi e sospetti trovano purtroppo puntuale conferma a seguito dell’esame della zonizzazione effettuata dalla Regione Toscana e del numero risultante di centraline.
Il D.lgs. 155/2010 prevede: “L'intero territorio nazionale e' suddiviso in zone e agglomerati da classificare ai fini della valutazione della qualità dell'aria ambiente”, e ancora: “il processo di zonizzazione presuppone l’analisi delle caratteristiche orografiche e meteo-climatiche, del carico emissivo e del grado di urbanizzazione del territorio, al fine di individuare le aree in cui una o più di tali caratteristiche sono predominanti nel determinare i livelli degli inquinanti. Tali aree devono essere accorpate in zone contraddistinte dall’omogeneità delle caratteristiche predominanti”.
La Regione Toscana, al fine di ridurre drasticamente il numero totale delle centraline ha dunque adottato i seguenti due metodi:
- Ha sostanzialmente diviso la Toscana in poche grandi zone (6 macrozone), accorpando territori dalle caratteristiche e dal grado d’inquinamento assai diversi, anche in difformità con altre precedenti deliberazioni della stessa Regione. Risultano in questo modo inseriti in una eterogenea macrozona, ad esempio, territori della provincia di Livorno, già indicati come specifiche zone da bonificare, dove sono presenti importanti fonti industriali d’inquinanti.
- Ha minimizzato l’importanza delle centraline urbane non di fondo e, anche a seguito di ciò, ha per ogni zona stabilito un numero molto ridotto di centraline, compatibilmente con quanto disposto dalla Direttiva 2008/50/CE e dal D.lgs. 155/2010.
Il risultato complessivo è, come detto, il drastico taglio delle centraline che, fra l’altro, produrrà risparmi non significativi, dal momento che il mantenimento di una centralina costa circa 8 mila euro all’anno (sembra che una centralina costi circa 50mila euro).
Le possibili conseguenze sanitarie di carenti controlli ambientali possono produrre costi assai maggiori, anche di tipo economico.
- La localizzazione delle centraline di Livorno
La Direttiva 2008/50/CE del 21 maggio 2005, nell’Allegato III, punto C, “Ubicazione su microscala dei punti di campionamento”, stabilisce i criteri che si devono applicare al momento di decidere l’esatta ubicazione della stazione di campionamento. Il primo capoverso di tale punto cosi recita: “— l’ingresso della sonda di campionamento deve essere libero (per un angolo di almeno 270°) e non vi debbono essere ostacoli che possano disturbare il flusso d’aria nelle vicinanze del campionatore (di norma ad alcuni metri da edifici, balconi, alberi ed altri ostacoli e, nel caso di punti di campionamento rappresentativi della qualità dell’aria sulla linea degli edifici, ad almeno una distanza di 0,5 m dall’edificio più prossimo)”.
Tali prescrizioni sono confermate dall’Allegato III, punto 4, del Decreto Legislativo 155 del 13 agosto 2010 che al punto 4 stabilisce: “Alle stazioni di misurazione si applicano i seguenti criteri di ubicazione su microscala: 1.1 L'ingresso della sonda di prelievo deve essere libero da qualsiasi ostruzione, per un angolo di almeno 270°. Al fine di evitare ostacoli al flusso dell'aria, il campionatore deve essere posto ad una distanza di alcuni metri rispetto ad edifici, balconi, alberi e altri ostacoli …”.
La lettura di quanto stabilito dalla Direttiva 2008/50/CE e dal D.lgs. 155/2010 di recepimento permette di capire quanto fosse giustificata la critica fatta per anni dai comitati dei cittadini che hanno sempre stigmatizzato la collocazione di tali centraline, e non solo perché lontane dal centro cittadino (Viale Carducci), dalle zone abitative più toccate dal traffico e dall’attività industriale e portuale (Piazza Cappiello).
Pare ora evidente che le centraline site in Viale Carducci e Piazza Cappiello non possono rimanere dove sono. Si tratta infatti di centraline che non rispettano la prescrizione della distanza dagli alberi, visto che sono poste proprio sotto i rami degli alberi stessi. Simili considerazioni valgono per la centralina di via Gobetti (Corea), tutt’ora in funzione ma che, come sembra, si intende chiudere.
- La chiusura della centralina di via Gobetti
Dall’allegato 3 della Deliberazione 1025/2010 della Regione Toscana, si apprende che a Livorno saranno mantenute tre centraline, quella di Viale Carducci, quella di Piazza Cappiello e una terza che dalla legenda viene indicata come “non ancora attiva”. Si può quindi supporre che la stazione sita in via Gobetti, tutt’ora funzionante, verrà chiusa e sostituita da una centralina posta in luogo attualmente non noto.
L’Allegato V della Direttiva 2008/50/CE del 21 maggio 2008 e che descrive i criteri per determinare il numero minimo dei punti di campionamenti, stabilisce però nella nota 1) alla tabella sulle fonti diffuse che: “… I punti di campionamento con superamenti del valore lite del PM10 negli ultimi tre anni sono mantenuti, a meno che non sia necessaria una delocalizzazione per circostanze speciali, in particolare lo sviluppo territoriale”.
Sulla base di quanto stabilito dalla Direttiva 2008/50/CE non pare dunque che la Regione Toscana possa chiudere la centralina di via Gobetti che negli ultimi tre anni ha superato più volte i limiti.
- Conclusioni
La ristrutturazione della rete di monitoraggio della qualità dell’aria, voluta dalla Regione Toscana, invece di potenziare la rete, l’ha ridotta ai minimi termini. Ha quindi ridotto drasticamente gli strumenti di lotta all’inquinamento dell’aria.
A seguito della drastica riduzione del numero delle centraline, in particolare di quelle più “critiche” e della collocazione delle “superstiti” in luoghi non corrispondenti ai requisiti stabiliti dalla legge:
- si ridurranno i superamenti segnalati, il conseguente allarme della popolazione, le multe comunitarie;
- si diminuirà l’entità dei provvedimenti da prendere per migliorare la qualità dell’aria;
- si renderà meno difficile l’inserimento di impianti altamente impattanti, come ad esempio inceneritori e centrali a biomasse, nei territori toscani più altamente inquinati.
In particolare, nella Provincia di Livorno sparisce ogni controllo a Rosignano Solvay, una zona fra le più inquinate d’Italia. Rimane solo un presidio in un’altra area fortemente inquinata come quella di Piombino.
Per quanto riguarda Livorno, negli anni passati i comitati dei cittadini sono stati fortemente critici sui criteri di ubicazione delle centraline. Hanno criticato il fatto che:
- nessuna centralina per la misurazione delle PM10 fosse inserita nel centro cittadino, specialmente in zone altamente trafficate e a forte urbanizzazione (Piazza Grande, via Grande, Piazza Repubblica, Piazza Mazzini, via Marradi, via degli Avvalorati, ecc.);
- nessuna centralina per la misurazione delle PM10 fosse stata installata a ridosso delle aree portuali (quartiere Venezia, per esempio);
- fossero assai difficilmente disponibili i livelli del benzene, misurato peraltro, in pochissime centraline.
- la zona di Stagno-Villaggio Emilio non avesse centraline pubbliche ma solo una antiquata e inutile rete di proprietà dell’Associazione industriali di Livorno.
Ora però la situazione peggiorerà ulteriormente: se chiuderà la stazione di via Gobetti i quartieri nord potrebbero rimanere sprovvisti di un sia pur minimo presidio di controllo dell’aria. Si darà la preferenza alla stazione di Piazza Cappiello, come se il quartiere dell’Ardenza possa essere considerato rappresentativo della qualità dell’aria che si respira nel resto della città, zona nord compresa.
Non si sa ancora dove verrà installata la terza centralina - nel caso si voglia chiudere quella di via Gobetti - ma, quale che sia la decisione, qualche importante fetta di territorio rimarrà inevitabilmente scoperta.
Il quadro disegnato dalla nuova rete di monitoraggio lascia sconcertati. Lascia pure fortemente sconfortati, una classe politica che, evidentemente, ritiene talmente irrisolvibile la questione dello smog nelle nostre città da arrivare a forzare la normativa europea: dopo averne ritardato l’applicazione ora opera per stravolgerne il senso.
A cura di
Mario Martelli (Comitato Salute Ambiente Livorno)
Maurizio Zicanu (Medicina democratica)
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