Con la crisi ucraina muta anche il mercato dell’energia nucleare
Giorgio Ferrari, il manifesto 29.4.14
Lo scorso 11 aprile, in piena crisi, la WestinÂghouse e l’ucraina EnerÂgoaÂtom (società di Stato che forÂniÂsce l’energia eletÂtrica al paese) hanno firÂmato un accordo che preÂvede di estenÂdere fino al 2020 (in proÂspetÂtiva per tutte le 15 cenÂtrali nucleari esiÂstenti) la forÂniÂtura di comÂbuÂstiÂbile nucleare da parte della società ameÂriÂcana, invece che dalla russa Tvel-Rosatom (proÂgetÂtiÂsta degli impianti).
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La queÂstione, al di là delle conÂseÂguenze politico-commerciali che implica queÂsto capoÂvolÂgiÂmento di fronte, avrà delle riperÂcusÂsioni sul funÂzioÂnaÂmento dei reatÂtori ucraini (tutti Vver, la variante russa dei reatÂtori ad acqua in presÂsione) perÂché il comÂbuÂstiÂbile fabÂbriÂcato nello staÂbiÂliÂmento WestinÂghouse di VasteÂras (SveÂzia) potrebbe non avere le stesse preÂstaÂzioni (in terÂmini di sicuÂrezza) di quello fabÂbriÂcato in RusÂsia. Le difÂfeÂrenze sostanÂziali riguarÂdano sia la conÂfiÂguÂraÂzione delle pastiÂglie di uraÂnio (quelle russe di ultima geneÂraÂzione hanno un foro cenÂtrale), sia la comÂpoÂsiÂzione della lega metalÂlica con cui è fabÂbriÂcata la guaina che le conÂtiene. Non a caso la società eletÂtrica Cez (repubÂblica Ceca) dopo aver testato una decina di anni fa il comÂbuÂstiÂbile WesthinÂghouse nel reatÂtore di TemelÂlin, è torÂnata ad approvÂviÂgioÂnarsi da Tvel.
Su un altro verÂsante c’è da regiÂstrare la scaÂlata della GeneÂral ElecÂtric alla franÂcese Alstom, opeÂraÂzione che minacÂcia il futuro dell’industria nucleare franÂcese e, conÂseÂguenÂteÂmente, dell’intera ecoÂnoÂmia del paese, data la rileÂvanza asseÂgnata a queÂsto setÂtore da tutti i governi sucÂceÂduÂtesi in FranÂcia dal dopoÂguerra ad oggi. Infatti con queÂsta acquiÂsiÂzione la Ge eliÂmina un conÂcorÂrente diretto nel setÂtore eletÂtroÂmecÂcaÂnico dell’energia, ma pone anche un’ipoteca sul futuro di Areva (progettista-costruttore dei reatÂtori franÂcesi) in quanto gli sotÂtrae il magÂgior partÂner tecnico-industriale (Alstom) a cui Areva affiÂdava la reaÂlizÂzaÂzione di tutta la parte conÂvenÂzioÂnale delle cenÂtrali nucleari.
Gli effetti destaÂbiÂlizÂzanti della situaÂzione in Ucraina stanno avendo le prime riperÂcusÂsioni anche sull’assetto enerÂgeÂtico euroÂpeo a vanÂtagÂgio delle mulÂtiÂnaÂzioÂnali Usa ed è difÂfiÂcile preÂveÂdere quale paese euroÂpeo ne uscirà indenne. CerÂtaÂmente non la FranÂcia, ingesÂsata nella «monoÂculÂtura» nucleare che sconta per di più le manÂcate alleanze con partÂner straÂteÂgici (la SieÂmens è uscita dal proÂgetto Epr), cosa che invece hanno fatto WestinÂghouse e Ge alleanÂdosi rispetÂtiÂvaÂmente con Toshiba e HitaÂchi. In queÂsto conÂteÂsto è quasi sconÂtato che HolÂlande approvi il proÂlunÂgaÂmento della vita opeÂraÂtiva a 50–60 anni dei reatÂtori franÂcesi, 27 dei quali sono in funÂzione da 30 anni, come richieÂsto da Edf.
Ciò avrà rischi incalÂcoÂlaÂbili per la sicuÂrezza della popoÂlaÂzione dato che gli stress test eseÂguiti dopo FukuÂshima non sono altro che simuÂlaÂzioni proÂbaÂbiÂliÂstiÂche che non posÂsono valuÂtare appieno l’effetto comÂplesÂsivo dell’invecchiamento degli impianti e dell’irraggiamento sui mateÂriali. Ce n’è di mateÂria di cui occuÂparsi per i moviÂmenti antaÂgoÂniÂsti e per chi, canÂdiÂdanÂdosi al parÂlaÂmento euroÂpeo, voglia rimetÂtere in discusÂsione il ruolo dell’Europa e della sua ineÂsiÂstente poliÂtica energetica. |