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altri 62 martiri palestinesi PDF Stampa E-mail

Tirreno 16.5.18

Tra le vittime una bimba di 8 mesi. L'Onu: ingiustificabile. Scontro Turchia-Israele, via i diplomatici

Gaza in lutto, i morti salgono a 62

 

di Maria Rosa Tomasello   ROMA

La bara più piccola, a Gaza, dove decine di migliaia di persone marciano dietro ai cortei funebri, è quella di Leila al-Ghandour, morta a otto mesi. È stata soffocata dai gas lacrimogeni che hanno avvolto la battaglia di confine tra l'esercito israeliano e i palestinesi in rivolta, accusa la famiglia. Il giorno dopo gli scontri per l'apertura dell'ambasciata americana a Gerusalemme, la conta dei morti arriva a 62. L'ultimo, ieri, è un manifestante ucciso a est del campo profughi di al-Bureji, Abdel Nasser Ahmed Ghorab, 51 anni, che cade mentre sono in corso nuovi tafferugli in 18 diversi punti della Cisgiordania e quattromila persone ingaggiano una nuova battaglia nella Striscia di Gaza. Almeno 250 restano feriti. Gli ospedali, dove sono ricoverati i 2.400 rimasti coinvolti nella guerriglia del giorno prima, arrivano al collasso. «Il sistema sanitario è travolto - dichiara Peter Salama, vicedirettore dell'Oms - Servono 5,9 milioni di dollari per le necessità più immediate». «È insopportabile vedere un così grande numero di persone disarmate colpite da spari in così poco tempo» dice Marie-Elisabeth Ingres, rappresentante di Medici senza Frontiere in Palestina. Hamas vuole vendetta e fa appello a una nuova Intifada. L'Iran chiede un processo per «crimini di gstriscia di Gazauerra», Irlanda e Belgio convocano gli ambasciatori israeliani. Ma è tra Turchia e Israele che scoppia una guerra diplomatica. Il presidente Recep Tayyp Erdogan - che ospiterà il summit dei Paesi islamici venerdì a Istanbul - definisce Netanyahu «premier di uno Stato di apartheid». L'ambasciatore di Israele ad Ankara viene cacciato, Tel Aviv risponde espellendo «per consultazioni» il console turco a Gerusalemme. «Erdogan è tra i maggiori sostenitori di Hamas ed è un grande intenditore di stragi, niente prediche» replica Benyamin Netanyahu. Viene richiamato in patria intanto l'inviato diplomatico palestinese a Washington, Husam Zolmot.«Non ci sono giustificazioni» per la tragedia di lunedì a Gaza, denuncia l'inviato delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, Nickolay Mladenov, lanciando un monito tanto a Israele quanto ad Hamas, che ha organizzato le proteste. Nel giorno del lutto, che coincide con la commemorazione della "Naqba", la "catastrofe" della nascita di Israele il 15 maggio 1948, Mladenov lancia un appello alla comunità internazionale perché intervenga, definendo «disperata» la situazione nella Striscia. Ribadisce il diritto di Israele a «proteggere le sue frontiere da infiltrazioni e terrorismo», purché in modo «proporzionato». Ma allo stesso tempo punta il dito su Hamas, che «non deve usare le proteste per cercare di posizionare le bombe sulla barriera di sicurezza». Più duro è l'Ufficio dell'Alto commissariato Onu per i diritti umani, che parla di «uccisioni indiscriminate». Sul massacro del 14 maggio è un fuoco incrociato di accuse. Il governo palestinese chiede al Consiglio dei diritti umani dell'Onu un incontro urgente per decidere l'invio di una missione che indaghi sui «crimini» commessi da Israele. Lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interna di Israele, rivela che tra i 62 morti «24 erano terroristi». Come sempre, la comunità internazionale si spacca: all'Onu gli Stati Uniti bloccano una richiesta di inchiesta indipendente, sostenendo che Israele «ha agito con moderazione» e ripropone il tema della responsabilità di Hamas per «la violenza nella regione». «Ogni vittima è vittima dei crimini di guerra di Hamas» accusa l'ambasciatore isralieano all'Onu Danny Danon. Contro Hamas, che ha soffiato sul fuoco, è anche la Germania, che si dichiara però favorevole a una inchiesta indipendente. A premere per una indagine della Corte penale internazionale dell'Aia (Cpi) è la Lega Araba, che denuncia «i crimini dell'occupazione israeliana», mentre anche Reporters sans Frontières denuncia alla Cpi «i crimini di guerra dell'esercito contro i giornalisti palestinesi», fatti bersaglio di «spari diretti» dai cecchini israeliani. «Adotteremo tutte le misure appropriate» assicura il capo della procura Fatou.