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fare luce sulla morte del giovane Lai PDF Stampa E-mail

La Nazione 20.4.17

"L'idrogeno solforato potrebbe aver ucciso Mauro Lai"

L'ipotesi di Medicina Democratica relativamente al decesso del 26enne cecinese avvenuto pochi istanti dopo essersi immerso in uno dei laghetti geotermici a Sasso Pisano

di GIULIO SALVADORI

 

Cecina (Livorno), 20 aprile 2017 - Non sarebbero state un generico malore o uno shock termico, ipotesi queste emerse dopo i primi accertamenti. Medicina Democratica – associazione che da tempo si occupa dalla salvaguardia della salute in molte zone della Toscana e non solo – paventa un altro scenario. Ancor più inquietante. Mauro Lai, il giovane cecinese di 26 anni deceduto pochi istanti dopo essersi immerso in uno dei laghetti di Sasso Pisano in Alta val di Cecina, potrebbe essere stato stordito dall’idrogeno solforato, sostanza chimica che si trova in abbondanza  nella zona teatro della tragedia. E per questo avrebbe perso i sensi e sarebbe annegato in pochi centimetri d’acqua. Naturalmente un’ipotesi che gli stessi rappresentanti di Medicina Democratica e in particolare Maurizio Marchi sottolineano debba essere confermata da esami autoptici e ambientali.

 

Quindi potrebbe non essere stata semplicemente una disgrazia perché Medicina Democratica sostiene di attenzionare da anni i fenomeni che si registrerebbero ai laghetti di Sasso Pisano e le presunte emissioni tossiche che li si verificherebbero. “Da tempo chiediamo documenti e dati all’amministrazione comunale di Castelnuovo Val di Cecina – spiega Maurizio Marchi – ma non abbiamo ricevuto niente. I laghetti sono immersi in un’atmosfera di idrogeno solforato, popolarmente conosciuto come “puzza di uova marce”, poco concentrato in aree aperte e libere da vegetazione o colline, più concentrato in aree confinate e ristrette come potrebbero essere i laghetti. Questo gas, oltre ad essere tossico, ha la caratteristica di inibire l’olfatto umano, quindi più è concentrato in atmosfera meno il nostro olfatto lo avverte. Può stordire in una prima fase, con perdita di conoscenza, e se la persona non viene immediatamente spostata dal punto di esposizione può essere intossicata fino alla morte. Per questo avanziamo l’ipotesi, ovviamente da verificare con opportuni approfondimenti, che il giovane Mauro Lai sia stato stordito dall’idrogeno solforato e sia per poi annegare in trenta centimetri d’acqua”.

“Il fatto che i laghetti in questione – conclude Marchi – contengano anche il batterio  Pseudomonas Aeruginosa e altri organismi vitali depone a favore dell’ulteriore sviluppo secondario di H2S, per decomposizione di sostanze organiche, oltre all’H2S endemico in atmosfera dell’area di Sasso Pisano, alla cui diffusione concorrono attivamente le centrali geotermiche della zona. Le centrali Enel di Sasso2 e Nuova Sasso, Carboli 1 e 2, Nuova Monterotondo, Nuova San Martino emettono migliaia di tonnellate di H2S in atmosfera, nonostante alcuni miglioramenti negli ultimi anni. Far luce sulla tragica fine del giovane Mauro significa anche sollevare la coltre di omertà che circonda sia le centrali geotermiche, sia il biolago di Sasso Pisano”.

 

"L'idrogeno solforato è una sostanza killer che ha già ucciso in passato"

Maurizio Marchi (Medicina Democratica) elenca i precedenti casi di intossicazione grave avvenuti principalmente in siti industriali

di GIULIO SALVADORI

 

Il laghetto geotermico a Sasso Pisano in cui ha perso la vita Mauro Lai

Cecina (Livorno), 20 aprile 2017 - Una ipotesi, quella avanzata da Maurizio Marchi di Medicina Democratica in merito al decesso di Mauro Lai avvenuto all’interno di uno dei laghetti termali a Sasso Pisano, che viene avvalorata anche da alcuni precedenti simili avvenuti in Italia negli anni passati. E sempre con unico comune denominatore la presenza di idrogeno solforato, detto anche acido solfidrico. Il primo caso risale al 30 gennaio 1986, alla raffineria Stanic di Livorno, dove persero la vita quattro operai rimasti intossicati uno dopo l’altro nel tentativo, purtroppo inutile, di salvarsi la vita a vicenda. Gianluca Nardi, Wladimiro Cecchetti, Domenico Maglione e Massimo Giampietro, tutti sotto i trent’anni, furono uccisi mentre lavoravano in una vasca di decantazione a cielo aperto.

“Uno di loro – sottolinea Maurizio Marchi – stava installando una valvola tra due condutture, quando intossicato dall’idrogeno solforato, che ha la particolare e insidiosa caratteristica di inibire l’olfatto, perse i sensi. Un secondo operaio accorse per aiutarlo, ma perse a sua volta conoscenza, così il terzo e il quarto. Un quinto operaio provò a sua volta a fare qualcosa, ma poi si allontanò per chiedere aiuto, salvandosi. Mi ricordo le cronache dell’epoca che scrissero che gli operai spirarono senza avere neppure la forza di emettere un grido”. Nardi e Cecchetti erano dipendenti della ditta Montano, Maglione e Gianpietro della cooperativa Acli Labor, tutti lavoravano nella vasca senza maschera o altre protezioni. Ma anche venti giorni prima, ovvero il 10 gennaio 1986, si verificò un incidente simile all’interno della fabbrica dell’Acna a Cengio, in provincia di Savona: in quel caso due operai furono gravemente intossicati dall’idrogeno solforato, ed altri venti intossicati meno pesantemente, tutti ricoverati in ospedale. Stessa cosa il 12 febbraio del 1986 al porto di Marghera, a farne le spese furono due portuali, uno dei quali riportò un trauma cranico per la caduta a terra.

“Di incidenti legati all’inalazione di idrogeno solforato purtroppo ne sono accaduti molti – conclude Maurizio Marchi –. C’è anche uno studio del novembre 2007 svolto da due ricercatori dell’Università di Los Angeles, Maria Rita D’Orsogna e Thomas Chou, che descrive gli effetti sulla salute di basse dosi di idrogeno solforato. L’H2S, classificato ad alte concentrazioni come veleno, a basse dosi può causare danni neurologici come vertigini, svenimenti, confusione mentale, tremori, nausea, convulsioni, perdita di conoscenza e difficoltà di respirazione”.