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La sinistra è finita in discarica?

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Discarica di Scapigliato: 330 milioni di euro al Comune di Rosignano

Discarica di Scapigliato: 330 milioni di euro al Comune di Rosignano

DISCARICA DI SCAPIGLIATO 1982/2012

DISCARICA DI SCAPIGLIATO 1982/2012

tutelare l'acqua sul serio PDF Stampa E-mail

Medicina democratica

Coordinamento regionale toscano

 

Alla Giunta regionale toscana

Al Responsabile del Settore Genio Civile Valdarno Centrale e Tutela dell' Acqua della Direzione Difesa del Suolo e protezione civile – Regione Toscana Via di Novoli 126 – 50126 – Firenze Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Oggetto: Piano tutela acque 2017-2022, controdeduzioni al Documento preliminare N 1 del 10-01-2017 e all’allegato A.

Con la presente si controdeduce al documento in oggetto, entro il termine del 17.3.2017, avanzando osservazioni anche su documenti pregressi, che questa onlus considera preparatori del Piano, in particolare sulla Relazione del Direttore AIT 2014, e della VAS del Piano di ambito .

Preliminarmente questa associazione evidenzia di ritenere che lo stato scadente delle acque superficiali e sotterranee in Toscana sia un grande fattore di nocività per la popolazione, di spesa sanitaria aggiuntiva, di giornate di lavoro perdute, ecc. Per cui ritiene che l’aggiornamento del Piano di tutela delle acque debba essere l’occasione fondamentale per rivedere profondamente la gestione non solo dell’acqua, ma anche dei suoli, del sottosuolo, dell’aria ambiente, delle attività antropiche, dall’industria inquinante ed idroesigente, alla geotermia, all’agricoltura chimicizzata, alla gestione dei rifiuti e dei fanghi di depurazione, ecc.

Ritiene altresì che la nuova “zonizzazione” della Toscana (i tre distretti idrografici dell’Appennino settentrionale, dell’Appennino Centrale e del bacino del Po) non sia adatta ad un piano di reale tutela delle acque, ma finalizzata ad un futuro affidamento del servizio idrico integrato ad un unico gestore privatizzato, una volta che – a spese pubbliche, in particolare degli utenti – si sia realizzato il piano dei cosidetti “tuboni”, per la somma di 766.500.000 euro, piano concepito per “industrializzare” l’acqua e farla circolare assurdamente per tutta la Toscana (si veda la VAS Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito - VAS - Rapporto Preliminare – Documento Preliminare 2014). Occorre invece tornare alla gestione per bacini idrografici (Val di Cecina, Val d’Arno, Val di Fiora, ecc) onde poter responsabilizzare continuamente amministrazioni locali e cittadinanza alla difesa attenta della risorsa acqua, in termini di non inquinamento, bonifiche rapide ove occorrano, risparmio di risorsa, priorità ai consumi civili.

 

Ciò premesso, nel dettaglio si osserva:

 

1 Val di Cecina, Val di Cornia, Val di Fine:

1.1 Solvay, incompatibilità dello sfruttamento di acqua dolce e salgemma già evidenziata da parte del TAR toscano con sentenze nel 2007 e nel 2010 , unica proposta alternativa seria è la costruzione di un dissalatore di acqua di mare, da cui Solvay ricavi acqua e sale. Ciò sarebbe coerente anche con quanto affermato a pag. 14 di 47 riguardo ai cambiamenti climatici:” è necessario adattarsi con una strategia di rafforzamento della capacità di resistenza dei sistemi naturali” .

 

Non si condivide la Delibera regionale n. 40 del 24.1.17, che perpetua le vecchie politiche di asservimento alla Solvay, e nella quale si ufficializza l’impiego di 4,6 milioni di euro di Solvay, già dovuto dalla multinazionale dal 2004 in “compensazione” dell’autorizzazione regionale allo sfruttamento minerario di salgemma (Delibera GRT N .4 del 12-01-2004) e si carica il restante costo delle presunte misure di “riequilibrio” nell’utilizzo della risorsa acqua sulle tariffe della popolazione.

1.2    Enel green power, area geotermica nord,  incompatibilità dello sfruttamento della risorsa geotermica con le tecnologie attuali a dispersione in atmosfera di sostanze inquinanti, compresi metalli pesanti che ricadono sui suoli e nelle acque. In alternativa si propone la chiusura e la bonifica dei siti delle centrali, a cominciare da quelle più vetuste, sostituendole con impianti fotovoltaici in sito. Sequestro cautelativo degli incentivi statali ottenuti da EGP nel 2014/15/16, ammontanti per il 2016 a ben 520 milioni di euro, oltre al ricavo della vendita dell’EE per circa 220 milioni di euro, a garanzia delle bonifiche.

1.3    Verifica della bonifica del sito Canova (Comune di Pomarance) inquinato da mercurio; bonifica presuntivamente avviata da SCL, con modalità non garantiste (determinazione n. 100 del 23.03.2015 del Comune di Pomarance).

1.4    Revoca della VIA e dell’AIA relative alla “riprofilatura” della discarica di Bulera per rifiuti speciali in Comune di Pomarance, bonifica immediata della discarica.

1.5    Nessuna autorizzazione al proseguimento della gestione della discarica di Buriano (Comune Montecatini val di Cecina), istallata da 30 anni su terreni sottoposti a movimenti per il pregresso sfruttamento minerario di salgemma, ad opera di Solvay. Messa in sicurezza e bonifica definitiva della discarica.

1.6    Bonifica da Trielina dei pozzi nei comuni  di Montescudaio e Cecina. La bonifica è in atto a carico della Regione Toscana, dopo un lungo rimpallo tra inquinatori ed enti pubblici. L'inquinamento ha prodotto la chiusura di alcuni pozzi ad uso potabile, e si sta estendendo. E’ inammissibile che la bonifica sia a carico degli enti pubblici, e che gli stessi non abbiano individuato  e fermato decenni fa l’inquinamento.

1.7    Non si ripeta lo stesso errore ed omissione continuata riguardo l’impatto della discarica di RSU e rifiuti speciali di Scapigliato, che in questi giorni ha presentato un progetto di ampliamento. Da anni  Scapigliato drena nel torrente Ripaiolo e da qui raggiunge il fiume Fine, lungo il cui corso sono collocati numerosi pozzi comunali e privati.

1.8    Fermata e bonifica delle cave di pietre verdi ofiolitiche, contenenti cromo e amianto; monitoraggio sulle acque a valle delle cave di questi ed altri eventuali inquinanti.

1.9    Bonifica da boro del torrente Possera, affluente del fiume Cecina.

1.10          Le misure di cui ai precedenti punti 1.6 1.7 e 1.8 siano finanziate con fondi  del progetto “Fiume Cecina bacino pilota” del 2003, fondi cospicui di cui si sono perse le tracce.

1.11          Porto turistico in bocca di Cecina, il restringimento della foce ha provocato almeno tre alluvioni, di cui una ha coinvolto il sito Canova nell’ottobre 2013, ed un’altra il 31.1.14 ha coinvolto, oltre all’abitato di Cecina e a decine di ettari di campi, anche  i laghetti Magona, dove giace una discarica allagata fin dagli anni ’90.

1.12          Il lago di Santa Luce (PI), ad uso Solvay Chimica Italia, risulta inquinato da mercurio. ARPAT di Pisa, pur avendo parametrato l'entità dell'inquinamento, non dà risposte sulla sua genesi. Anche il fiume Fine e il tratto di mare costiero antistante Rosignano Solvay presentano lo stesso tipo di inquinante, causato dall'impianto cloro/soda Solvay di Rosignano. La bonifica non è stata mai neanche ipotizzata.

1.13          Chiudere gli scarichi a mare della Solvay, ai sensi della direttiva 2008/56/CE”Marine Strategy”, che si applica a tutte le acque marine.

1.14          la falda di bassa costiera risulta inquinata da nitrati, generati da un eccesso di concimazioni agricole azotate e da scarichi civili non depurati. Tale problematica interessa la falda di bassa, da Rosignano (LI) a Castagneto Carducci (LI). Uno studio della provincia di Livorno del febbraio 2003 concludeva: ”se nell'arco temporale di 10 anni non si inverte la tendenza per il parametro nitrati, nessun pozzo di bassa costiera ad uso civile sarà più utilizzabile”. Nessuna misura è stata presa nel frattempo, tanto meno l’interdizione degli emungimenti Solvay.

 

2 Val di Fiora, Ombrone, Albegna, Merse, Carsia, Paglia

2.1 Enel green power, area geotermica sud,  incompatibilità dello sfruttamento della risorsa geotermica con le tecnologie attuali a dispersione in atmosfera di sostanze inquinanti, compresi metalli pesanti che ricadono sui suoli e nelle acque. In alternativa si propone la chiusura e la bonifica dei siti delle centrali, a cominciare da quelle più vetuste, sostituendole con impianti fotovoltaici in sito. Sequestro cautelativo degli incentivi statali ottenuti da EGP nel 2014/15/16, ammontanti per il 2016 a ben 90,4 milioni di euro, oltre al ricavo della vendita dell’EE per circa 52 milioni di euro, a garanzia delle bonifiche.

 

2.2 L'Acquedotto del Fiora ha programmato sulla costa grossetana l'attivazione di 6 dissalatori, per uso civile. Non si condivide la scelta: l’acqua migliore la si deve riservare alla popolazione, mentre eventuali dissalatori devono essere ad uso e carico dell’industria, fermo l’obbligo di bonifica in base al principio “chi inquina, paga”.

 

2.3 L'acquifero del Fiora, nel cuore vulcanico dell'Amiata, serve la popolazione delle province di Grosseto, Siena e Viterbo ( in parte), circa 700.000 persone.

Contrariamente alla priorità sull'uso dell'acqua a scopo potabile, rispetto a quello agricolo ed industriale, prevista nel Dlgs 152/06, il bacino idrico del Fiora viene conteso da un forte concorrente,  la geotermia.

In Amiata (ma anche in Val di Cecina), la tecnologia geotermica ENEL  è  quella “flash”, arcaica ed inquinante, che immette direttamente in atmosfera parte dei vapori tossici, provenienti dal serbatoio geotermico acquifero profondo, sottostante quello potabile, più superficiale. Ma i due acquiferi risultano collegati tra loro attraverso faglie e camini vulcanici. Le conseguenze della depressione prodotta dalla uscita di vapori, 5 milioni di tonnellate annue, sono:

a)         sottrazione di acqua al bacino superficiale (Il sondaggio geognostico profondo, realizzato dalla Regione Toscana per studiare il bilancio idrico dell´acquifero amiatino nel 2010, ha intercettato la falda a 301,60 metri (205 metri al di sotto di quanto affermato dallo studio Calamai del 1970 e di quanto sostenuto dalla stessa Enel negli studi d´impatto ambientale)

b)         risalita di gas ricchi di inquinanti (dati ASL e ARPAT anni '90). Dopo anni di deroghe per arsenico e boro, ora all’apparenza agli utenti è fornita acqua a norma, grazie agli impianti di dearsenificazione, pagati dalle bollette, non da chi inquina. Inoltre boro e arsenico sono ancora presenti nelle acque potabilizzate.

Recentemente è venuto alla luce l’inquinamento da mercurio del fiume Paglia, affluente del Tevere. I comitati e le associazioni locali, con il geologo Andrea Borgia, hanno calcolato che la geotermia ha emesso sull’Amiata almeno 52,6 tonn. di mercurio tra il 1969 e il 2016. Secondo il prof. Andrea Borgia, (Università di Milano, Open University M. Keynes, UK, e Global Research Council proprio in geotermia): “In base ai dati ufficiali disponibili, la quantità di mercurio emesso in atmosfera dagli impianti geotermici è impressionante - il totale emesso negli anni 1969-1999 è di 37,894 tonnellate, a cui si aggiungono le emissioni dal 2000 al 2016, per un totale di 52,559 tonnellate -. Quindi si dovrebbe concludere, che non c’è bisogno di tirare in ballo le vecchie miniere di Mercurio dismesse ormai da quasi 40 anni ed in buona parte bonificate, ma che con tutta probabilità la maggior parte del mercurio accumulato nel Paglia, o che passa attraverso il Paglia per arrivare al Mar Tirreno, proviene dalle centrali geotermiche di Piancastagnaio”. Si prospetta una vertenza tra le Regioni Umbria e Lazio con la Regione Toscana, dove il fiume nasce e viene inquinato.

 

2.4 aree critiche della Piana di Scarlino e area delle Colline metallifere, inquinate da attività minerarie e industriali

 

La Piana di Scarlino e l'area delle Colline metallifere stanno subendo le conseguenze delle attività industriali e minerarie storiche, a seguito del fatto che è stato permesso ai privati, titolari di tali impianti, di non fare o fare parzialmente le bonifiche necessarie.

Nel 2012, dopo una lunghissima serie di errori ed omissioni, compiuti dagli Enti locali , finalmente è stato dato l'incarico di realizzare il Progetto di Bonifica delle falde idriche, le quali, transitando sotto l'area industriale del Casone di Scarlino, vengono avvelenate dai rifiuti tossici interrati illegalmente in quell'area o depositati in superficie “in via transitoria”, da oltre trenta anni da Solmine Spa (del gruppo Eni).

Quelle falde scaricano almeno dal 1999 Arsenico in concentrazioni molto pericolose, affiorando in superficie sia sul Padule di Scarlino, che in riva al mare nella costa tra Follonica e Scarlino.

Nella Piana di Scarlino/Follonica sono già stati chiusi 3 pozzi di approvvigionamento di acqua potabile ed è stato installato un dearsenificatore; nelle Colline metallifere, dopo l'inquinamento  eclatante, nel 2001, del Merse – il fiume rosso, come venne detto – le acque in uscita dai canali drenanti delle miniere, anche se dismesse, continuano a riversarsi sul territorio.

Un caso per tutti, quello del Carsia. L’inquinamento del fiume Carsia, affluente del Bruna, che sfocia in mare a Castiglione della Pescaia, accertato da Arpat con dati analitici fin dal 2001  e confermato negli anni successivi, è dovuto alla immissione di un canale drenante delle miniere di Fenice Capanne. Tali canali  dovevano  allontanare le acque dal sottosuolo per la sicurezza dei minatori. I canali, mantenendo una pendenza costante, per gravità allontanavano le acque dai luoghi di scavo e le portavano molto più a valle, sul Carsia, in comune di Gavorrano.

Oggi l’inquinamento tipico del drenaggio acido di miniera scende in pianura veicolato dal fiume che deposita metalli tossici sui sedimenti alluvionali del Bruna, interessando l’area agricola della Bartolina, una delle più fiorenti della pianura grossetana, poco sopra Braccagni.

Moltiplicando la portata dello scarico sul Carsia, pari a 300 litri al secondo, per i 60 secondi di un minuto, poi per i 60 minuti di un’ora, e infine per le 24 ore di una giornata, si ha la quantità d’acqua persa in un solo giorno: 26 milioni di litri circa! Tutti i giorni dell’anno.

 

 

3 Val d’Arno

3.1 nel Valdarno superiore si sono abbandonate le fonti di approvvigionamento esistenti sulle colline, mentre nel fondovalle qualsiasi sottoattraversamento programmato si trova a fare i conti con la presenza di acqua, è prevista la realizzazione di condotte di adduzione, addirittura dall’invaso di Montedoglio, oltre all’innalzamento di dighe, con acque fortemente inquinate  dalle lavorazioni  presenti nell’area di Arezzo (industria orafa). Si propone il recupero delle fonti abbandonate, senza costruzione di grandi opere, e la depurazione spinta – a carico dell’industria orafa – dei reflui industriali.

3.2 nel Valdarno centrale (Firenze, Prato, Pistoia) si addensano fortissime pressioni sulla risorsa acqua, sia in termini d’inquinamento che di consumi anche impropri. La depurazione delle acque urbane reflue deve essere spinta e separata dallo smaltimento delle acque meteoriche. Devono essere messe sotto rigido controllo tutte le attività industriali del Mugello, comprese le cave, affinchè riducano al minimo i consumi d’acqua e non emettano sostanze inquinanti nel reticolo. Si ricorda e sottolinea che il Mugello, insieme alla Versilia e all’Amiata, è una delle aree peggiori per la salute della popolazione toscana, come si desume dai dati di ARS, sia in termini di mortalità che di ospedalizzazione. Il forte investimento che viene prospettato per un maggiore utilizzo della falda pratese è inquietante perché l'acqua della falda è pesantemente contaminata da tetracloroetilene e tricloetilene. La falda (in risalita) porta a galla i veleni di cui ha fatto ampio e indisturbato uso  l'industria tessile pratese. Deve essere realizzata una vasta bonifica dell’area, e verificata, prima di qualsiasi utilizzo potabile.  Deve essere ambientalizzato e monitorato costantemente l’impatto della serricoltura.

3.3 nel Basso Valdarno il pericolo maggiore è rappresentato dalla concia al cromo delle pelli, con reflui che non hanno ancora conosciuto un adeguato ed oculato smaltimento. Si osserva preliminarmente che la concia può avvenire anche senza l’uso di cromo, con il processo al tannino, molto meno impattante. Secondariamente, la depurazione dei fanghi ((Cuoiodepur) deve avere un’AIA molto più stringente, ed i fanghi non devono essere smaltiti né su campi agricoli, né in processi di miscelazione avventurosi, come in prodotti per l’edilizia o simili (ad esempio presso la Magona di Cecina: i laterizi ivi ricavati negli anni ’90 stanno emettendo cromo e devono essere rimossi anche da edifici pubblici, con forte aggravio della spesa pubblica.)

 

4 Val di Serchio

4.1  In val di Serchio il pericolo maggiore è rappresentato dall’industria cartaria, dai suoi ingenti consumi e la restituzione al fiume di acque inquinate. Si propone la modifica delle AIA relative ai produttori di carta, con un sistema a circuito chiuso delle acque, depurazione e adeguato smaltimento dei fanghi di risulta. Si segnala che lo smaltimento inadeguato del pulp di cartiera ha recentemente dato origine a inchieste giudiziarie, seppur a danno ambientale avvenuto.

 

5 bacino delle Apuane

5.1 L’inquinamento delle risorsa idrica deriva dalla marmettola, residuo dei processi di  escavazione e lavorazione del marmo. Per effettuare il taglio, viene utilizzata un’attrezzatura che disperde nell’ambiente, ogni giorno, 130 kg di metalli pesanti;  e queste sostanze (cobalto,  nichel, rame, stagno, ferro, wolframio) si riversano nelle acque dei fiumi e nella falda,  fino a raggiungere il mare. I residui della marmettola  distruggono l'ambiente e «non vanno bevuti», come afferma la stessa Arpat: questa sostanza oltre ad essere dannosa per l’ambiente (rischia di eliminare dall’ecosistema molte specie animali e vegetali) lo è anche per la salute umana.

Le marmettole, infiltrandosi nel reticolo carsico, modificano i percorsi delle acque sotterranee e possono essere causa del disseccamento di alcune sorgenti e del loro intorbidamento. Le acque inquinate  non possono essere utilizzate per uso potabile né per uso irriguo, in quanto provocano la cementificazione del suolo. Anche l’Arpat ritiene inaccettabile le modalità di gestione delle acque di lavorazione e di quelle meteoriche dilavanti, nonché quelle dei detriti, in quanto del tutto inadeguate a tutelare l’acquifero, le sorgenti e i corsi di acqua superficiali. Queste acque alimentano le sorgenti situate nel Frigido e nel Carrione.

E’ doveroso chiedersi quale sia il ruolo delle istituzioni pubbliche, chi sarà costretto a pagare per dare soluzione al problema di questa presenza nociva nelle acque potabili, che fine avranno le montagne apuane. Deve essere profondamente modificato il sistema di autorizzazione e il processo di escavazione, ridimensionandolo drasticamente.

 

5.2 Pietrasanta. In questa area la contaminazione da tallio degli abitanti, secondo uno studio dell'università di Milano, ha livelli fino a 480 volte rispetto alle persone non esposte. In questo caso la contaminazione della sorgente è dovuta alle miniere di pirite dell’ex Edem di Valdicastello, mai bonificata, con conseguenze gravi sulla salute e con ricadute anche sul settore agricolo. Per il tallio (come per altri inquinanti) si conoscono i fenomeni di intossicazione acuta e non quelli per esposizioni basse e prolungate. Questo elemento, come diversi altri, non rientra tra i parametri da controllare per la conformità delle acque potabili, nonostante il riconoscimento della sua tossicità.

Si rende dunque necessaria e urgente la sostituzione delle tubature idriche intrise di questo elemento, ma si chiede che non siano i cittadini danneggiati a finanziare l’investimento. Allo stato attuale, il gestore pretende il pagamento di un’ acqua contaminata, mentre dovrebbero essere gli utenti ad essere rimborsati. L’elemento di gravità inaudita è che il gestore GAIA e le istituzioni ARPAT, ASL, Comune e Regione sapevano da tempo e non hanno mai provveduto ad informare gli utenti e ad adottare le necessarie misure.

 

 

 

6 Misure generali in tutta la Toscana

6.1 sostituzione delle tubazioni di cemento-amianto in tutta la Regione Toscana, sia della rete di adduzione di acqua potabile (con priorità assoluta) sia della rete fognaria. E’ a tutt’oggi completamente disattesa in Toscana la raccomandazione contenuta nel DM 14.5.1996 (pubblicato su: G. U. Suppl. Ordin. n° 251 del 25/10/1996), sotto richiamata. Le tubazioni di CA, anche per la loro vetustà, sono fragili e soggette a frequente rottura, causa di immense perdite di rete di acqua buona (un PTA serio dovrebbe quantificare quante perdite di rete sono dovute proprio  alle tubazioni di CA) e di perdite di rete fognaria che disperdono sui territori nitrati, salmonelle e tensioattivi. Si ricorda la gravissima emergenza del marzo 2013 che lasciò la città di Livorno senz’acqua per ben 4 giorni, per  il cedimento di una grossa tubazione di cemento-amianto proveniente da Lucca lungo il canale dei Navicelli.

Si ricorda altresì che il Direttore di AIT Alessandro Mazzei dichiarava il 21.12.14: "L'Autorità Idrica Toscana informa che non ci saranno aumenti in bolletta per affrontare lavori di sostituzione delle reti in cemento-amianto [...]. Ogni intervento futuro in questo ambito rientrerà nel piano degli investimenti già previsti e concordati con i gestori del servizio idrico integrato [...]"  http://www.nove.firenze.it/amianto-e-acqua-colpo-di-scena-la-regione-toscana-chiede-aiuto-al-governo.htm

Mentre il Ministero della sanità   con decreto del 14.5.1996, allegato 3 afferma:“In proposito si richiama l'attenzione delle Competenti Amministrazioni sulla esigenza di  programmare  in  tempi  rapidi la  progressiva    e  sistematica eliminazione  delle tubazioni e dei cassoni di deposito di acque, via via che lo stato di manutenzione degli stessi e le circostanze legate ai  vari  interventi  da  effettuarsi  diano  l'occasione  per   tale dismissione.” http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1996/10/25/096A6000/sg

 

6.2 separare le acque piovane dalle acque reflue urbane

La legge regionale 20/2006 e smi permette che le acque piovane (non solo quelle di prima pioggia, che possono essere inquinate) siano riversate in fognatura. Questa risorsa, oltre ad essere sprecata, mette in crisi, in caso di precipitazioni intense, l’intero sistema di depurazione regionale. La depurazione delle acque reflue in Toscana, in gran parte realizzato o ampliato dai gestori in anni recenti, si basa su grandi impianti di depurazione, prevalentemente collocati nei fondovalle, con lunghissimi collettori fognari che dai centri collinari scendono fino a valle. Questo sistema ha delle notevoli carenze di fondo. Tutti i collettori sono dotati di scaricatori di piena o scolmatori, ma in caso di piogge, sia pure di modesta entità, entrano in funzione e sversano parte dei reflui in fiumi e torrenti.

I depuratori sono stati costruiti in base al numero degli abitanti da servire, quindi funzionano solo quando arrivano determinati quantitativi di reflui. In altre parole necessitano proprio di liquami. Nel caso di piogge però arriva un eccessivo quantitativo di liquidi che i depuratori non sono in grado di ricevere, e i reflui sono talmente diluiti da pregiudicarne il funzionamento, tanto che si sono rese necessarie vasche di prima pioggia. Ma se le piogge sono intense, si verifica quanto successo a fine agosto del 2015: divieti di balneazione lungo tutta la costa. Altre gravi inadeguatezze sono dovute alla vetustà di alcuni impianti e alla scarsa manutenzione. I collettori realizzati dai Comuni, prima dell’affidamento, sono spesso obsoleti e  scarsamente o nient’affatto manutenuti: perfino l’Autorità Idrica parla di acque parassite che si infiltrano nelle rotture presenti in questi impianti.

6.3 ripubblicizzare la gestione della risorsa acqua in Toscana

 

I privati, entrati nelle compagini delle spa toscane dell’acqua, agli inizi degli anni 2000,  avrebbero dovuto effettuare investimenti di manutenzione o vera e propria sostituzione delle reti. Dopo circa 15 anni si può vedere che i privati hanno fallito completamente, sia sul piano dell’efficienza delle reti di distribuzione, sia sul piano della depurazione.

 

Si esprime contrarietà ai nuovi investimenti “strategici” programmati – specialmente se addossati alle tariffe -  per interconnessione delle reti, dorsali e dissalatori (ad eccezione a quello privato della soc. Solvay), che provocherebbero oltre tutto nuove cementificazioni sul territorio. Investimenti che invece di affrontare i problemi di bonifica delle acque inquinate, spesso previsti anche da leggi specifiche, sono destinati a creare nell’intera regione una struttura del servizio idrico integrato a solo beneficio dei soci privati delle aziende, e del gestore unico prossimo futuro, e non dei cittadini.

 

6.4 canoni per il rilascio dei titoli concessori

Con deliberazione n. 815 del 01/08/2016 è stato approvato il Regolamento di attuazione dell'articolo 11 della legge regionale 28 dicembre 2015 n.80 (Disposizioni per l'utilizzo razionale della risorsa idrica e per la disciplina dei procedimenti di rilascio dei titoli concessori e autorizzatori per l'uso dell'acqua e con deliberazione n. 816 del 01/08/2016 sono stati determinati i canoni sulle utilizzazioni delle acque.

Dall’Allegato A della delib. 816 : Uso per produzione di beni e servizi

Categoria per richieste maggiori a

50.000 mc/anno (acque superficiali) e

16.000 mc/anno acque sotterranee)

Canone unitario di concessione (CUC) 300 €/(l/s)

Canone minimo forfettario (CMF) 4.000 €

 

Per le grandi utenze, ad esempio industriali, si nota un aumento rispetto ai canoni fissati in precedenza dalle Province, ma non cautelativo rispetto al prioritario consumo della popolazione. Inoltre e soprattutto si chiede che sia del tutto interdetto l’uso di acque sotterranee all’industria, riservandolo alla popolazione. L’industria si avvalga di acque superficiali, e dove possibile di dissalatori di acqua di mare. Siano pertanto riviste tutte le concessioni industriali in Toscana.

6.5 il Piano di sviluppo rurale toscano non ha tra i suoi obiettivi l’abbattimento dell’uso di fitofarmaci e pesticidi, come si vede qui :

Il Psr ha quattro sfide prioritarie per il ciclo 2014-2020:

- rinnovare lo sviluppo socio-economico toscano, favorendo la competitività delle imprese ed investendo in nuovi strumenti di coesione sociale;

- sostenere i processi di autonomia dei giovani;

- rafforzare la dotazione infrastrutturale e l’accessibilità della Toscana;

- promuovere l’adattamento e il contrasto ai cambiamenti climatici.”

- “Più specificatamente, nell'ambito generale della PAC, il sostegno allo sviluppo rurale vuole contribuire al

raggiungimento dei seguenti obiettivi:

- la competitività del settore agricolo;

- la gestione sostenibile delle risorse naturali e l'azione per il clima;”

 

Si chiede al contrario, ai fini della tutela della risorsa acqua e della salute di agricoltori e consumatori, la fuoriuscita dall’agricoltura chimicizzata entro il 2020, a cominciare dal divieto immediato al glifosato.

6.6 la qualità delle acque potabili

 

La questione della qualità delle acque potabilizzate è paradossalmente assente dal  Documento preliminare N 1 del 10-01-2017 e dall’allegato A, come lo era nel Piano di Ambito toscano e relativa VAS. Ricordiamo che larga parte della regione ha avuto acqua al rubinetto in deroga ai limiti di legge dal 2003 al 2012, anche per più di un inquinante. Attualmente – ammesso e non credibile – che tutte le aree ex in deroga siano entro i limiti di legge  per arsenico, boro, trialometani e cloriti o altri inquinanti, questi agiscono in sinergia, quindi con effetti moltiplicatori. Inoltre i valori-soglia per la tossicità per singola sostanza (valore-soglia mai dimostrato come cautelativo) sono basati su un individuo adulto, dal peso di 60 kg, senza minimamente preoccuparsi degli effetti devastanti che le sostanze inquinanti presenti nell’acqua possano avere sull’ infanzia.

 

Conformità delle acque potabilizzate

 

La maggior parte dei casi di non conformità rilevate dalle ASL sulle acque potabili riguarda i parametri microbiologici: escherichia coli, enterococchi, Clostridium perfringens e batteri coliformi; oppure parametri chimici, relativi ai sistemi di potabilizzazione dell’acqua: alluminio, ferro, trialometani, cloriti e cloro residuo. Questi dati confermano l’inefficacia dei sistemi di depurazione e spesso l’inefficienza dei sistemi adottati per la potabilizzazione delle acque.

Le analisi di verifica delle non conformità sono eseguite dai gestori, perciò il controllato controlla se stesso: è indispensabile che invece tali analisi vengano effettuate dalle ASL. Sarebbe allora opportuno chiarire e nel caso rivedere il meccanismo “dichiarazione di non conformità - ordinanze di divieto di uso” , oltre a tempi, ruoli e competenze.

 

Analisi previste dal decreto legislativo n. 31 del 2001 e margine di discrezionalità delle ASL

 

Il decreto legislativo prevede che il numero di analisi da effettuare sia in funzione del volume dell’acqua erogata e quindi del numero di abitanti serviti. Questo meccanismo fa sì che nei centri minori, serviti da un impianto di potabilizzazione collocato in loco, le analisi di controllo delle ASL avvengano in alcuni casi solo una volta all’anno. I controlli previsti dal decreto si suddividono in analisi di routine, con pochi parametri da analizzare, e analisi di verifica, con un numero consistente di parametri. Nei centri minori vengono di solito effettuate unicamente analisi di routine, mentre è proprio in questi abitati che gli impianti di potabilizzazione sono più obsoleti e con una scarsa manutenzione, ed è proprio qui che si verifica il numero maggiore di casi di non conformità. Quindi occorre aumentare le risorse per le analisi e il margine di discrezionalità  delle ASL, per farne un numero adeguato.

 

ASL. Questione parametri analizzati

 

Sulla problematica relativa ai parametri analizzati dalle ASL, sarebbe opportuno che le analisi tenessero conto dei differenti fattori di inquinamento dei territori, anche se non previsti dal decreto ministeriale sulle analisi di routine o di verifica. Non bisogna dimenticare quanto accaduto di recente nella nostra regione  sulla questione tallio.

Ma la carenza ancora più grave è che in alcuni territori non vengono effettuate neppure le analisi previste dal decreto ministeriale, e sono quelle attinenti ai residui dei processi di potabilizzazione e disinfezione dell’acqua. In alcuni di questi troviamo l’uso del ferro; oppure, nel caso il prelievo avvenga da acque superficiali, dell’alluminio. Mentre la clorazione può avvenire con ipoclorito, con biossido di cloro o con entrambe le sostanze.

La trasparenza  sulle analisi, tema che ha a che fare con la salute umana, richiede la creazione di un sito regionale, dove si possano trovare tutte le analisi effettuate, sia dai gestori  (società a maggioranza pubblica), sia dalle ASL

Conclusioni

Alla luce delle notevoli e strutturali carenze dell’Allegato A 10.1.17, se ne chiede il ritiro e la riscrittura, tenendo di conto di quanto sopra osservato.

16.3.2017

 

Per il Coordinamento regionale di Medicina democratica

Maurizio Marchi  Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.