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blair "confessa" il suo errore in Iraq PDF Stampa E-mail

http://contropiano.org/internazionale/item/33663-blair-il-mentitore-seriale-si-scusa-per-l-iraq

Blair, il mentitore seriale, "si scusa" per l'Iraq

Lunedì, 26 Ottobre 2015
Redazione Contropiano


Non c'è limite alla delinquenza politica. E Tony Blair è un campione
del genere. La lista delle sue “imprese” è lunghissima – dalla
trasformazione del Labour in un partito di destra (come piaceva tanto
a Valter Veltroni) fino alle guerre volute dagli Stati Uniti – ma
viene per tutti il momento del bilancio.

Se però prova a farlo in prima persona il rischio di cadere nel
ridicolo è immediato. È accaduto ieri, quando ha “chiesto scusa” per
la guerra in Iraq. Non potendo darsi dell'imbecille da solo, ha
continuato a mentire come faceva abitualmente da Downing Street (il
mestiere di spin doctor è diventato centrale per qualsiasi regime
politico proprio a partire da quegli anni).

Per esempio: «Posso dire che mi scuso per il fatto che l’intelligence
che abbiamo ricevuto era sbagliata, perché nonostante Saddam avesse
usato le armi chimiche in maniera estensiva contro la sua stessa
popolazione, il programma di riarmo non esisteva nella forma che noi
avevamo pensato». Come sottolineano tutti i commentatori che non hanno
perso l'uso del cervello, quel programma era stato già dichiarato
inesistente dai commissari dell'Onu – guidati da Hans Blix – che per
mesi avevano cercato traccia delle “armi di distruzione di massa” di
cui avrebbe dovuto disporre Saddam. E ciò nonostante lui e Bush
mandarono l'ex generale Powell a recitare una penosa scena (una
boccetta con polvere bianca) che doveva costituire “la prova”
sufficiente a scatenare la guerra.

Quindi Blair mentiva allora e continua a farlo oggi, scaricando
sull'intelligence una responsabilità totalmente sua e di Bush (più
dell'amerikano, è ovvio).

Ma non c'è limite, dicevamo. «Mi scuso per gli errori commessi nella
pianificazione, e certamente per il nostro errore nel capire cosa
sarebbe accaduto una volta che avessimo rimosso il regime».
Un'ammissione del genere, se fosse sincera, equivale dichiararsi un
incompetente totale nella materia che pretende di padroneggiare: la
politica. Qualsiasi studente di scienze politiche, di qualsiasi
facoltà in giro per il mondo, sa benissimo che in paesi “disegnati
sulla carta” (Sykes-Picot, 1915), caratterizzati da una struttura
sociale tribale, con forti divisioni religiose e nazionali (sciiti,
sunniti, curdi, ecc), la caduta di un regime dittatoriale o avviene
per processi interni (in cui si seleziona anche il ricambio politico)
oppure, se imposta dall'esterno, si traduce in una “semplice”
distruzione dello Stato. Ovvero apre il portone a una guerra civile
permanente, di tutti contro tutti. In cui emergeranno tutte le
possibili figure, tranne che quella della “democrazia occidentale”.

E infatti le “scuse” di Blair non toccano il cuore della questione:
«Trovo difficile scusarmi per aver rimosso Saddam. Io penso, anche
oggi nel 2015, che sia meglio che lui non sia più là». Non ci sarebbe
stato comunque, probabilmente, per questioni di età o di manovre di
palazzo. Il problema non è infatti il singolo, ma la struttura di un
potere: che non aveva nulla in comune con i regimi delle nostre
latitudini, ma era almeno laico e “tollerante” in materia di religione
(Tareq Aziz, vicepresidente e ministro degli esteri, era un
cristiano).

Peggio ancora per quanto riguarda la responsabilità di avere almeno
indirettamente favorito la nascita e la diffusione dell'Isis.
«Ovviamente non posso dire che noi che rimuovemmo Saddam nel 2003 non
abbiamo responsabilità per la situazione nel 2015». Quindi «ci sono
elementi di verità» nel sostenere che l’invasione dell’Iraq è stata la
causa principale della nascita dell’Isis. Ma il tentativo di cambiare
le carte in tavola è più forte di lui. E quindi si suicida sul piano
della logica: «l’Isis è emerso dalla sua base in Siria».

Ovvero nell'ambito delle milizie armate e finanziate da Usa, Gran
Bretagna, Arabia Saudita e emirati del Golfo per rovesciare il regime
di Assad senza impegnarsi direttamente in un'altra guerra. Un puzzle
ormai definitivamente sfuggito dalle mani degli apprendisti stregoni
che l'avevano assemblato.

Un delinquente abituale, reo confesso ma che pretende di occupare
ancora un ruolo (ottimamente retribuito, ci mancherebbe). Un essere
così spregevole che nessuno, stavolta, azzarda una sua pur minima
difesa. Anzi.

Il commento dedicatogli da Alberto Negri, su IlSole24Ore, dà
probabilmente la misura del disprezzo che attualmente circonda l'ex
“mister Terza via”-



*****

La pistola fumante
Fino al 27 maggio 2015 Tony Blair ha ricoperto l'incarico di inviato
per la pace nel Medio Oriente del Quartetto per il Medio Oriente, su
mandato di Onu, Unione europea, Usa e Russia. Non ha lasciato nulla di
notevole se non le note spese. Si fregia ancora della Medaglia d'oro
concessa nel 2003, anno della guerra in Iraq, dal Congresso degli
Stati Uniti con la seguente motivazione: “L'America ha molti alleati
ma come abbiamo visto in questi ultimi mesi, si può contare sulla Gran
Bretagna nell'adempimento delle funzioni di un vero amico in tempi
difficili. Plaudo la straordinaria alla leadership di Tony Blair e al
suo continuo appoggio agli Stati Uniti”.
Tony Blair chiede scusa per la guerra in Iraq, dice che lui e Bush si
sono sbagliati: non è vero, hanno contraffatto le prove sulle armi di
distruzione di massa e mandato all’Onu il 5 febbraio il segretario di
Stato americano Colin Powell agitando la famosa fiala contenente una
polvere bianca per convincere l’America e il mondo intero
dell’esistenza della cosiddetta “smoking gun”, la pistola fumante, la
prova mai provata dell’esistenza dell’antrace e delle micidiali armi
batteriologiche nelle mani di Saddam Hussein.
L’ultimo incontro che ebbi con Tarek Aziz, l'ex ministro degli Esteri
iracheno e vicepresidente, fu proprio quel giorno di febbraio del
2003. Indossava un impeccabile abito blu e aveva appena ricevuto il
leader comunista Armando Cossutta che tentava un'impossibile
mediazione. Eravamo a poche settimane dall'attacco americano che
avrebbe segnato il destino del regime e quello del Medio Oriente,
almeno fino a oggi e chissà per quanti anni ancora.
Tarek Aziz diede un'occhiata distratta al televisore, sintonizzato
sulla Cnn dove stava parlando Powell, e continuò a firmare le carte
accumulate sulla scrivania. Poi sollevò lo sguardo e disse: “Gli
americani ci farebbero la guerra comunque, anche se consegnassimo fino
all'ultimo dei nostri fucili”. Fuori noi giornalisti inseguivamo le
squadre dell’Onu a caccia delle prove sulle armi di distruzione di
massa che non si trovavano mai.
Ora Blair rilascia interviste a destra e manca: è un infingardo che
tenta di riciclarsi? L’unica pistola fumante che abbiamo trovato in
Iraq sono lui e Bush, semplicemente due imbroglioni che hanno
scoperchiato il Vaso di Pandora.