Scrivici







Pubblicazioni

test

test

La sinistra è finita in discarica?

La sinistra è finita in discarica?

Non ce la date a bere

Non ce la date a bere

Discarica di Scapigliato: 330 milioni di euro al Comune di Rosignano

Discarica di Scapigliato: 330 milioni di euro al Comune di Rosignano

DISCARICA DI SCAPIGLIATO 1982/2012

DISCARICA DI SCAPIGLIATO 1982/2012

morto Giovanni Cesareo PDF Stampa E-mail

Giovanni Cesareo, un “nobile” della sinistra

—  Sergio Bologna, Il Manifesto 18.3.2015

Addii. La scomparsa dell'intellettuale studioso della comunicazione. Dalla redazione de "L'Unità" agli "anni delle riviste", durante i quali partecipò all'esperienza di "Sapere"

 

 

Ieri mat­tina è morto Gio­vanni Cesa­reo. Appar­te­neva a quella gene­ra­zione che ci ha edu­cati restando al nostro fianco, par­te­ci­pando alle nostre stesse sfide, pur avendo alle spalle già l’esperienza che noi non abbiamo avuto. Quella dei gio­vani cre­sciuti sotto il fasci­smo che hanno tro­vato da soli la strada per la mili­tanza comu­ni­sta ed hanno saputo poi, alla soglia degli Anni Set­tanta, stac­carsi da quel par­tito e da quella cul­tura per vivere l’innovazione poli­tica e sociale che il Ses­san­totto ha por­tato con sé. Gli abbiamo invi­diato i suoi anni tra­scorsi nella splen­dida Roma del dopo­guerra, cro­ni­sta de «L’Unità», cri­tico tele­vi­sivo e cine­ma­to­gra­fico, che ha vis­suto gli anni d’oro del cinema ita­liano, amico di Mastro­ianni e di altre figure di quella sta­gione da leg­genda. Lo abbiamo incon­trato a Milano che si era lasciato por­tare nell’attivismo del Comi­tato Viet­nam, lui che aveva già scritto negli Anni Ses­santa per gli Edi­tori Riu­niti uno dei primi libri sulla cen­tra­lità della donna nei pro­cessi di tra­sfor­ma­zione, anti­ci­pando di qual­che anno temi che sareb­bero stati svi­lup­pati e pra­ti­cati in ben altra dimen­sione dal movi­mento femminista.

Ini­zia negli Anni Set­tanta la rifles­sione sui pro­blemi della comu­ni­ca­zione, di cui diverrà uno dei mas­simi esperti a livello inter­na­zio­nale ed uno dei primi docenti, negli Anni Novanta, quando l’istituzione uni­ver­si­ta­ria si aprirà a que­sto set­tore della ricerca. Ma il suo con­tri­buto mag­giore all’innovazione cul­tu­rale per la quale e con la quale abbiamo cer­cato di agire in que­gli anni – gli «anni delle rivi­ste» come sono stati chia­mati – è stata la pre­senza all’interno della rivi­sta «Sapere» diretta da Giu­lio Mac­ca­caro, prima come capo redat­tore, come anima della rivi­sta e poi, dopo la morte di Giu­lio, come diret­tore. È stata una rivi­sta con cui molti esta­blish­ment hanno dovuto fare i conti, quello della ricerca scien­ti­fica, quello del sistema sani­ta­rio, quello del potere delle mul­ti­na­zio­nali, far­ma­ceu­ti­che o ener­ge­ti­che. Un luogo di mul­ti­di­sci­pli­na­rietà vera, dove bio­logi e socio­logi, medici ed eco­no­mi­sti, ope­rai e tec­nici di fab­brica, docenti uni­ver­si­tari ed ope­ra­tori socio-sanitari, tro­va­vano non solo modo di arric­chi­mento reci­proco ma occa­sione di pre­senza sul ter­ri­to­rio. Ricor­diamo l’intervento del gruppo di «Sapere» tra le popo­la­zioni col­pite dalla fuga della nube tos­sica dell’Icmesa, a Seveso, nell’Hinterland mila­nese, 1976.

Con­tra­sti con l’editore por­ta­rono poi alla chiu­sura della rivi­sta, fu Cesa­reo, assieme a un pic­colo gruppo di altri col­la­bo­ra­tori a non lasciar disper­dere quel patri­mo­nio mul­ti­di­sci­pli­nare ed a ripro­porlo nella pub­bli­ca­zione «Scienza ed espe­rienza», che resi­stette qual­che anno ancora. Negli Anni Ottanta e Novanta si è dedi­cato quasi com­ple­ta­mente alla teo­ria della comu­ni­ca­zione, entrando a far parte di impor­tanti net­work inter­na­zio­nali, sem­pre pronto però a por­tare con­tri­buto di idee e di pas­sione a qua­lun­que ini­zia­tiva gli sem­brasse in grado in pro­durre inno­va­zione di pen­siero, ma più che altro inno­va­zione nel modo di essere un «intel­let­tuale», nel modo di rap­por­tarsi alla società, ai movi­menti. Lo abbiamo avuto al nostro fianco nella pro­get­ta­zione della rivi­sta «Altre­ra­gioni», che ebbe vita breve, e della Libera Uni­ver­sità di Milano e del suo Hin­ter­land (Lumhi), di breve vita anch’essa ma che ha lasciato un segno creando i pre­sup­po­sti teo­rici dell’attuale mobi­li­ta­zione dei freelance.

Reste­rebbe da dire qual­cosa sul suo stile umano ma qui mi man­cano le parole, sof­fo­cate dalla tri­stezza per aver per­duto un amico così caro. Un sola cosa. Gio­vanni veniva da nobile fami­glia sici­liana, ci scher­zava su quel «nobile» eppure man­te­neva in tutte le cose che faceva quel distacco, quell’ironia, quella sem­pli­cità che lo ren­de­vano una delle per­sone più pia­ce­voli a starci insieme che io abbia cono­sciuto, nobile nell’animo e sofi­sti­cato nelle scelte intel­let­tuali ma al tempo stesso capace di entu­sia­smi quasi infan­tili e pronto a but­tarsi in una nuova avven­tura. Pas­sio­nale ma anche stra­na­mente docile in certe cir­co­stanze, come quelle che lo hanno por­tato ad una spe­cie di enig­ma­tico esi­lio negli ultimi anni della sua vita.