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Discarica di Scapigliato: 330 milioni di euro al Comune di Rosignano

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DISCARICA DI SCAPIGLIATO 1982/2012

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QUANTO CI COSTA LA NATO PDF Stampa E-mail

[Disarmo] Quanto ci costa il Def della Nato

Manlio Dinucci

Mentre nella «spending review» il governo promette una riduzione di 300-500
milioni nel bilancio della difesa, l’Italia sta assumendo nella Nato crescenti
impegni che portano a un inevitabile aumento della spesa militare, diretta e
indiretta. La Nato non conosce crisi. Si sta costruendo un nuovo quartier
generale a Bruxelles, il cui costo, previsto in 460 milioni di euro, è quasi
triplicato salendo a 1,3 miliardi.

Lo stesso è stato fatto in Italia, dove si sono spesi 200 milioni di euro per
costruire a Lago Patria una nuova sede per il Jfc Naples: il Comando interforze
Nato agli ordini dell’ammiraglio statunitense Bruce Clingan – allo stesso tempo
comandante delle Forze navali Usa in Europa e delle Forze navali Usa per l’
Africa – a sua volta agli ordini del Comandante supremo alleato in Europa,
Philip Breedlove, un generale statunitense nominato come di regola dal
presidente degli Stati uniti.

Tali spese sono solo la punta dell’iceberg di un colossale esborso di denaro
pubblico, pagato dai cittadini dei paesi dell’Alleanza. Vi è anzitutto la spesa
iscritta nei bilanci della difesa dei 28 stati membri che, secondo i dati Nato
del febbraio 2014, supera complessivamente i 1000 miliardi di dollari annui
(circa 750 miliardi di euro), per oltre il 70% spesi dagli Stati uniti. La
spesa militare Nato, equivalente a circa il 60% di quella mondiale, è aumentata
in termini reali (al netto dell’inflazione) di oltre il 40% dal 2000 ad oggi.

Sotto pressione degli Stati uniti, il cui budget della difesa (735 miliardi di
dollari) è pari al 4,5% del prodotto interno lordo, gli alleati si sono
impegnati nel 2006 a destinare al bilancio della difesa come minimo il 2% del
loro pil. Finora, oltre agli Usa, lo hanno fatto solo Gran Bretagna, Grecia ed
Estonia. L’impegno dell’Italia a portare la spesa militare al 2% del pil è
stato sottoscritto nel 2006 dal governo Prodi. Secondo i dati Nato, essa
ammonta oggi a 20,6 miliardi di euro annui, equivalenti a oltre 56 milioni di
euro al giorno. Tale cifra, si precisa nel budget, non comprende però diverse
altre voci. In realtà, calcola il Sipri, la spesa militare italiana (al decimo
posto su scala mondiale) ammonta a circa 26 miliardi di euro annui, pari a 70
milioni al giorno. Adottando il principio del 2%, questi salirebbero a oltre
100 milioni al giorno.

Agli oltre 1000 miliardi di dollari annui iscritti nei 28 bilanci della
difesa, si aggiungono i «contributi» che gli alleati versano per il
«funzionamento della Nato e lo sviluppo delle sue attività». Si tratta per la
maggior parte di «contributi indiretti», tipo le spese per «le operazioni e
missioni a guida Nato». Quindi i molti milioni di euro spesi per far
partecipare le forze armate italiane alle guerre Nato nei Balcani, in
Afghanistan e in Libia costituiscono un «contributo indiretto» al budget dell’
Alleanza.

Vi sono poi i «contributi diretti», distribuiti in tre distinti bilanci.
Quello «civile», che con fondi forniti dai ministeri degli esteri copre le
spese per lo staff dei quartieri generali (4000 funzionari solo a Bruxelles).
Quello «militare», composto da oltre 50 budget separati, che copre i costi
operativi e di mantenimento della struttura militare internazionale. Quello di
«investimento per la sicurezza», che serve a finanziare la costruzione dei
quartieri generali, i sistemi satellitari di comunicazione e intelligence, la
creazione di piste e approdi e la fornitura di carburante per le forze
impegnate in operazioni belliche.

Circa il 22% dei «contributi diretti» viene fornito dagli Stati uniti, il 14%
dalla Germania, l’11% da Gran Bretagna e Francia. L’Italia vi contribuisce per
circa l’8,7%: quota non trascurabile, nell’ordine di centinaia di milioni di
euro annui.

Vi sono diverse altre voci nascoste nelle pieghe dei bilanci. Ad esempio l’
Italia ha partecipato alla spesa per il nuovo quartier generale di Lago Patria
sia con la quota parte del costo di costruzione, sia con il «fondo per le aree
sottoutilizzate» e con uno erogato dalla Provincia, per un ammontare di circa
25 milioni di euro (mentre mancano i soldi per ricostruire L’Aquila).

Top secret resta l’attuale contributo italiano al mantenimento delle basi Usa
in Italia, quantificato l’ultima volta nel 2002 nell’ordine del 41% per l’
ammontare di 366 milioni di dollari annui. Sicuramente oggi tale cifra è di
gran lunga superiore.

Si continua così a gettare in un pozzo senza fondo enormi quantità di denaro
pubblico, che sarebbero essenziali per interventi a favore dell’occupazione,
dei servizi sociali, delle zone terremotate. E i tagli di 6,6 miliardi,
previsti per il 2014, potrebbero essere evitati tagliando quanto si spende nel
militare in tre mesi.

(il manifesto, 10 aprile 2014)



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