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DISCARICA DI SCAPIGLIATO 1982/2012

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arsenico e mistificazioni in Toscana PDF Stampa E-mail

«Arsenico, l'inquinamento è colpa dell'uomo»

Barocci (Forum Grossetano) non molla sulla Piana: «La natura non c'entra»
BATTAGLIA Non si ferma quella di Roberto Barocci (foto a destra) sulle cause dell'inqunamento
BOTTA e risposta. Con un unico comun denominatore: l'arsenico. Ovvero il principale indiziato dell'inquinamento ambientale da venti anni a questa parte nella zona nord della provincia di Grosseto, soprattutto nella piana del Casone tra Follonica e Scarlino. Roberto Barocci, esponente del Forum Ambientalista di Grosseto, cerca di puntualizzare alcune cose. Rispondendo a chi, «dopo tante ricerche, consulenze peritali e giudiziarie» torni «ad accreditare l'idea che sull'inquinamento da arsenico nel Grossetano dice Roberto Barocci , sia colpa della natura». Le responsabilità, precisa Barocci, sono precise. Come si evince dai tanti studi che in questi anni hanno suffragato una quantità di dati impressionante: «Il primo studio è quello del gruppo dell'Università di Siena pubblicato nel 2003 dal Rotary di Siena e che, assunto dal Tribunale a Grosseto, piegò l'Eni davanti al giudice, convincendola a rinunciare alla sua tesi sulla naturalità del fenomeno inquinante e ad accollarsi gli oneri di bonifica (pari allora a 26 milioni di euro a carico di Eni)». Uno studio che insisteva sulle «capacità inquinanti della fusione delle arseno-pirite avvenute negli stabilimenti Solmine di Scarlino chiarisce la natura spiega ancora Barocci dell'arsenico sia disperso dai camini con le polveri fini, come triossido volatile, quindi trivalente il più cancerogeno, sia disperso sotto forma di Arseniato di Ferro nelle ceneri di pirite, pentavalente». Nel 2002 un altro studio, «sempre dell'università di Siena prosegue Barocci su incarico della Provincia di Grosseto e che ha fatto un bilancio di massa tra quanto As è entrato nei forni con le piriti estratte a Campiano e quanto ne è uscito negli ultimi dieci anni di esercizio degli impianti. Il quantitativo è impressionante ed è oggi misconosciuto da quanti approvano progetti di bonifica, irrisori rispetto a quella quantità dispersa. Se prendiamo in considerazione si conclude lo studio - lo scenario peggiore, osserviamo che in 10 anni, si può stimare che, potenzialmente, possono essere state disperse nell'ambiente, attraverso i fumi 5.390 tonnellate di As». Il terzo studio «è il più sorprendente chiude Barocci , perché svela quanto sia fallace il tentativo ancora persistente, di voler in qualche modo chiamare in causa fenomeni naturali a fronte di una attività umana che ha estratto dalla terra milioni di tonnellate di minerale e poi le ha fuse, concentrando centinaia di miliardi di volte i contenuti presenti in natura». Si tratta dello studio coordinato da Francovich, archeologo e storico dell'Università di Siena, presentato nel 2004 a Colle Val d'Elsa alla 2° Conferenza internazionale Brownfields. Le note e circoscritte aree con anomalie di Arsenico nella valle del fiume Pecora, ritenute erroneamente presenze geochimiche naturali, hanno invece consentito agli archeologi di individuare e portare alla luce gli antichi insediamenti etruschi e romani che lavoravano in quei siti le arseno-piriti, avendo necessità di utilizzare la ruota idraulica per frantumare i minerali. «Tutte queste prove si legge - hanno indicato che l'alta concentrazione arsenicale trovata in gran parte del territorio esaminato non era dovuto alle fonti naturali, ma ad effetto antropico». Niente natura, quindi, ma l'uomo. Secondo Barocci il primo responsabile di tanto inquinamento.