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DISCARICA DI SCAPIGLIATO 1982/2012

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LA MORTE OPERAIA NON HA COLORE PDF Stampa E-mail

7 morti e due feriti gravi a Prato.

Ennesima tragedia causata da una logica di sfruttamento senza confini e nazionalità.

 

QUANDO LE TRAGEDIE sono ‘più grandi’, quando i datori di lavoro sono immigrati, le reazioni si moltiplicano e si grida allo scandalo e alla vergogna.

La Presidente della Camera Boldrini di fronte alla tragedia di Prato ha detto: ‘…Se non si fa qualcosa di risolutivo, rischiamo di importare il peggio della globalizzazione" e ha invitato lo Stato "a mettere in atto tutte le misure per fare emergere e contrastare questa realtà ". Ha continuato dicendo: "una tragedia del genere uno magari se l'aspetta in qualche paese del Sud-Est Asiatico, ma è dura da recepire in Italia. Bisogna agire - ha insistito - non solo per tutelare i lavoratori, ma anche per tutelare le aziende che rispettano i diritti, che pagano il costo del rispetto di questi diritti. Lo dobbiamo a tutto il sistema di produzione del nostro paese".

Eppure in Italia i morti sul lavoro sono stati 790 nel 2012, meno del 2011 solo perché la disoccupazione corre più velocemente e non perché ci sia il rispetto della sicurezza nei posti di lavoro. Come dimenticare i morti “italiani” della Thyssenkrupp del 2007 ? 7 lavoratori bruciati vivi per assoluta non curanza delle norme di sicurezza da parte dei datori di lavoro che facevano lavorare gli operai 13 ore al giorno, in condizioni di rischio assoluto.

"Bisogna agire anche per tutelare le aziende che rispettano i diritti" ha aggiunto …Eppure in Italia il lavoro nero coinvolge oltre 3 milioni di lavoratori che producono il 6,5% del Pil nazionale. Questa piaga sociale colpisce tutto il Paese, al Sud arriva a contare oltre il 40% del totale dei lavoratori.

"Rischiamo di importare il peggio della globalizzazione" dice il presidente della camera… dimenticando che i nostri imprenditori grandi e piccoli spostano da più di trenta anni le proprie aziende alla ricerca di queste condizioni di lavoro, di mano d’opera a costi schiavistici, che permettono alle aziende di continuare ad avere un ampio margine di profitto. Come dimenticare gli oltre 1.000 lavoratori bruciati vivi a Dacca (Bangladesh) lo scorso 8 maggio, fabbrica lager dove la famiglia Benetton aveva comprato 200 mila capi d’abbigliamento?

Dov’erano in tutti questi anni le forze di polizia, la guardia di finanza, la polizia locale e gli ispettori del lavoro di Prato? Non si erano accorti dello sfruttamento disumano imposto alle migliaia di cinesi presenti su quel territorio?

La Presidente della Camera e i mass media mainstream non ce la raccontano giusta. Spostano l’attenzione sulla ferocia degli imprenditori “cinesi”, quando è chiara la complicità di un sistema di potere verso lo sfruttamento schiavistico di una mano d’opera che lascia sui territori autoctoni ampi margini di profitto.

Il “lavoro sporco” appare in questo caso responsabilità degli “stranieri”, permettendo così di calare un velo di silenzio sul massacro sociale in atto verso tutti i lavoratori, di qualsiasi colore e nazionalità.

Esprimiamo la nostra solidarietà umana e di classe ai lavoratori uccisi a Prato, vittime dello stesso sistema di sfruttamento capitalistico, che non ha confini né nazionalità.

Cinzia Della Porta  USB Federazione di Pisa    www.usb.it