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Cambiare nome a Rosignano Solvay? Si, ma soprattutto ... PDF Stampa E-mail

MEDICINA DEMOCRATICA

Cambiare nome, ma soprattutto ambientalizzare la vecchia fabbrica

Ci voleva Tessa Gelisio, finalmente, a dire qualcosa di intelligente nel dibattito in corso: ”Per prima cosa mettere in sicurezza l’area e la costa intorno la fabbrica”. Perché c’è un “non detto” nel dibattito: la scandalosità degli scarichi in mare di Solvay e la pur tardiva incriminazione da parte della magistratura  di 5 dirigenti della multinazionale. Incriminazione innescata, checché se ne dica, dall’esposto di  Medicina democratica del 28.5.2008, seguito da numerosi aggiornamenti.

 Incriminazione che si concluderà, nonostante il clamore suscitato, con un “poco di fatto”: ben che vada il “piano milionario” e comunque colpevolmente tardivo di Solvay consisterà prevedibilmente nel ridurre a 60.000 tonnellate l’anno gli scarichi a mare, obiettivo inaccettabile e peraltro già dovuto entro il 2007. Inaccettabile perché incontrollabile e soprattutto perché non permetterà di raggiungere la qualifica di qualità “buono” per il mare entro il 2015, come prevede la legge. Potrebbe riprodursi un nuovo caso Ilva, nonostante o a causa dei servigi di tutta la schiera di amministratori da decenni. La fossa ce l’hanno già scavata con l’omertà, le minimizzazioni, l’ipocrisia, visibili anche in questi giorni di dibattito speciale, che pure esprime un confuso bisogno di cambiare.

Come scrive il Rapporto Cheli-Luzzati dell’Università di Pisa fin dal 2010, inascoltato, Solvay si è ridotta a dare tra l’1 e il 2% del reddito sul territorio (da Rosignano, a Volterra, a San Vincenzo), tra il 2 e il 4% dell’occupazione, e consuma il 48% dell’acqua dolce della Val di Cecina. In più nel 2012 ha prosciugato completamente il lago di Santa Luce.

L’emergenza acqua creata da Solvay è l’altra gravissima emergenza che affonda il turismo da Castiglioncello a Volterra, dalla quale si esce  non con mezze misure, ma solo con un dissalatore da cui Solvay ricavi acqua e sale: si può fare, basta investire, anziché scaricare i propri costi sulla popolazione.

Un’ultima annotazione storica: il PAESE NOVO, l’attuale Rosignano sul mare, si creò intorno alla ferrovia Roma-Pisa e ai suoi lunghi lavori negli anni 1905-10. Il mio bisnonno Colombo Conforti, il “primo cittadino” di questa borgata, costruì una delle prime case sull’Aurelia, poi una seconda dove ora – soprelevata -  c’è l’Hotel  Rosignano. La Solvay arrivò dopo, proprio attratta  dalla nuova ferrovia, oltre che dalla presenza delle materie prime (sale e pietra calcarea), dopo essere stata rifiutata da Cecina.

Infine le case, il teatro e le altre opere sociali – presenti peraltro in quasi tutti i siti Solvay anche all’estero – facevano parte di una politica sociale volta alla ricerca del consenso dei lavoratori, impegnati in fabbricazioni delicate e strategiche, pensiamo al cloro ed ai suoi vecchi impieghi anche militari. La lungimiranza paternalistica ha avuto spazio finchè i profitti erano altissimi, oggi resta solo la brutalità di un impatto insopportabile. Ambientalizzare la vecchia fabbrica è un dovere imperativo, prima nei confronti dei lavoratori, che altrimenti non avrebbero prospettive, poi della popolazione e dell’altra economia, da tempo maggioritaria.

3 agosto  2013                                                                                                  Maurizio Marchi