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IL MARE COME DISCARICA DI RIFIUTI TOSSICI PDF Stampa E-mail

Dal mensile livornese “senzasoste”

Un pescatore livornese racconta: "Il mare livornese è una discarica di bidoni tossici" .

Giovedì 12 Gennaio 2012

La tragedia ambientale che si sta consumando nel mare livornese, con imprecisate centinaia di fusti di monossido di cobalto e molibdeno finiti in mare dalla nave cargo Venezia della Grimaldi Lines durante la mareggiata del  17 dicembre scorso, sembra stia rompendo il tradizionale muro di omertà che avvolge i pescatori, da sempre restii a raccontare – loro che il mare lo conoscono meglio di chiunque altro – la salute delle nostre acque. Quanto segue è il frutto di una chiacchierata fatta al Porto Mediceo tra un pescatore livornese di mezza età e un membro della nostra redazione.

 

 

“Ho voluto contattarvi dopo aver letto su Panorama l’intervista di un tale Francesco, presunto mio collega di 52 anni, da voi riportata qualche giorno fa”.

Quali reazioni ti ha suscitato?

“Quel che ha detto non mi ha certo meravigliato, visto che mi è capitato più volte di vivere identiche esperienze”.

A cosa ti riferisci?

“Puntualmente capita anche a noi di tirare su fusti con sostanze maleodoranti, palesemente tossiche”.

In quali tratti di mare?

“Noi abbiamo delle rotte fisse e caliamo le reti sempre nei soliti punti, ma periodicamente ci capita di tirare su questa merda. E quando accade significa che poche ore prima è passata una nave a scaricare quelle sostanze. Però a differenza del mio presunto collega non ho mai avvertito bruciori o irritazioni. Questa almeno è la mia esperienza personale”.

C’è anche chi parla di zone appositamente riservata alla pesca ed altre allo scarico dei bidoni tossici. Leggenda?

“No, purtroppo ha molto di vero. A levante di Gorgona, ad esempio, è difficile tirare su questa robaccia perché un po’ tutti pescano in questo specchio di mare e chi fa affondare i bidoni ha interesse che la cosa resti più nascosta possibile. Se invece vai a ponente di Gorgona, nel tratto dall’isola a La Spezia per intendersi, trovi di tutto. È una zona quasi mai battuta dai pescatori un po’ per la profondità delle acque e un po’ perché si sa che ci buttano di tutto. Però attenzione, capita anche come ha riportato Panorama di pescare bidoni nella rotta Vada-Gorgona. A me è successo non sai quante volte”.

E anche tu hai denunciato la cosa alle autorità competenti?

“Se qualcuno di noi lo facesse troverebbero il modo di farti smettere di pescare. Quanto dice tale Francesco, cioè che lui e tutti i suoi colleghi hanno sempre denunciato il tutto, è una favola. Anzi, che sappia io nessuno lo ha mai fatto. Forse ci ha provato, ma è cosa ben diversa”.

E quando hai tirato su i bidoni cosa hai fatto?

“Quello che fanno tutti”.

E cioè?

“Li ho ributtati in mare”.

Ma come…

“Li ributtiamo a mare sottocosta, cioè entro le prima tre miglia dal litorale, dove c’è divieto di pesca. Sai perché non lo comunico a nessuno? Perché se vado alla Capitaneria o all’Asl fermano il peschereccio chissà per quanto tempo e per noi il tempo è prezioso, Già facciamo fatica a sopravvivere così… È un po’ come i pescatori siciliani quando tirano su i cadaveri degli immigrati. Sono costretti a ributtarli a mare e stare zitti altrimenti gli sequestrano il peschereccio per intere settimane”.

Può essere ricondotto a uno di questi bidoni riversati sottocosta l’odore di solvente proveniente dal mare riferito qualche giorno fa da alcuni bagnanti alla Rotonda d’Ardenza?

“Potrebbe essere anche colpa di qualche altro bidone affondato molto più sottocosta”.

La Capitaneria di porto ha escluso che l’odore di solvente sia correlabile con la vicenda dei fusti.

“Si riferivano ai fusti del cargo Venezia. Non hanno mica detto che non è correlabile con nessuna sostanza sversata in mare. Mi viene da ridere a leggere – tira fuori un foglietto – che “per una verifica più puntuale della situazione la Capitaneria effettuerà un sorvolo aereo sul litorale, in particolare sulla zona della costa segnalata dai cittadini. Invece di prendere un campione d’acqua volano sopra il mare con l’elicottero. Lo capisci che è tutta una colossale presa in giro?”

Perché non c’è mai stata una sollevazione collettiva di voi pescatori? In fondo il mare è la vostra risorsa.

“Hai ragione, ma ti trovi di fronte a cose talmente più grandi di te che ti senti impotente. Tutti sanno cosa succede qua davanti ma nessuno vuole fare niente”.

Nessuno vuole o nessuno può?

“Nessuno vuole. La maggior parte dei fusti tossici non viene denunciata alle autorità competenti. Viaggia sotto traccia perché costa molto meno ungere tizio nell’ufficio X, Caio nell’ufficio Y e Sempronio della compagnia Z che smaltirli in modo corretto. Cosa pensi ci voglia a imbarcare e poi scaricare un certo numero di bidoni su una nave? È una pura formalità”.

Se è una formalità, perché stavolta il comandante della Grimaldi ha denunciato l’affondamento in mare dei bidoni?

“Secondo me per almeno un paio di motivi. Primo perché riversare una tale quantità di sostanze nocive nel mare non è come gettare un paio di fusti, ma significa distruggere un intero ecosistema probabilmente per sempre. (Silenzio). Nessuno mi sembra si stia rendendo davvero conto della catastrofe ecologica che è scoppiata. O forse chi di dovere se ne rende conto e ha interesse a silenziare la questione. Secondo perché si è evidentemente sfruttato un mare forza 10 per fare finta che si possa essere trattato di un incidente. Ma un incidente non è stato di sicuro. Hai presente com’è fatta una nave cargo come la Venezia? No? Guardala e dimmi come fa una nave del genere a perdere 200 fusti. Lo sanno tutti che non è stata una disgrazia fortuita, ma non conviene a nessuno denunciarlo e andare fino in fondo”.

Spiegati meglio.

“Ti dico come la penso? Se le autorità competenti facessero fino in fondo il loro mestiere e condannassero la Grimaldi – a proposito, guarda caso sempre loro – si scoperchierebbe il famoso vaso di Pandora. Emergerebbero le tangenti e le mazzette che girano intorno al business dei rifiuti tossici affondati, l’approssimazione dei controlli degli enti preposti e la totale vulnerabilità delle aree portuali. E ovviamente si spargerebbe il panico tra la popolazione: la gente non comprerebbe più il pesce, noi pescatori ci ritroveremmo improvvisamente senza lavoro, i politici locali verrebbero chiusi a doppia mandata alle Sughere per aver permesso di trasformare una zona come il Santuario dei Cetacei in una discarica e il turismo crollerebbe. Hai visto come tutti si rimpallano le responsabilità? E chi non lo fa parla, parla, parla, ma non fa niente. Io, comunque, il pesce che peschiamo glielo do malvolentieri a mio figlio, preferisco dargli un nasello surgelato che viene dalla Norvegia”.

Stai facendo un quadro drammatico del mare livornese.

“Credimi, non esagero, anche perché come capirai non ho nessuna convenienza nel farlo. Per far capire la portata di questa catastrofe ti faccio un paragone. Ti ricordi quando qualche anno fa bruciò il Castellaccio? Solo le ceneri che si riversarono in mare provocarono una sterminata moria di pesci. Tiravamo su le reti e trovavamo quintali e quintali di pesci morti, soprattutto sogliole, che sono tra i pesci che vivono a più stretto contatto col fondale. Ovviamente non ne parlò nessuno perché anche in quell’occasione a nessuno conveniva tirar fuori la notizia. Oggi specie come le stesse sogliole o i branzini sono praticamente spariti dal nostro mare. Tutto questo solo per le ceneri di un incendio. Hai presente cosa possono voler dire tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici di ogni specie riversati periodicamente e continuativamente in mare? Il mare, con le sue correnti, restituisce tutto e quel che gli dai a largo te lo riporta a riva”. (red.)

 

12 gennaio 2012