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DISCARICA DI SCAPIGLIATO 1982/2012

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La verità sul Tav. Non una strategia ma un gioco d’azzardo
- ***, 17.01.2019


Lettera aperta alle «madamine» . Il progetto di nuova linea ferroviaria Torino-Lione poggia su
presupposti di decenni fa, rivelatisi errati. Chi si oppone a tale opera lo fa da oltre vent’anni
basandosi su grandezze fisiche e previsioni analitiche. Proviamo pertanto, come docenti universitari
a proporre di fare qualche passo avanti su una questione che rischia di basarsi su una tifoseria
tribale più che su elementi razionali
Care Madamine,
abbiamo letto e ascoltato vostri interventi riguardo alla nuova Linea Ferroviaria Torino-Lione. Ci sembra che attribuiate a quest’opera un valore del tutto simbolico, non ritroviamo nelle vostre
parole né dati tecnici né scenari di futuro basati sulla realtà fisica, mentre compaiono soltanto
aspettative generiche che nulla hanno a che vedere con un traforo sotto il massiccio dell’Ambin.
Chi si oppone a tale opera lo fa da oltre vent’anni basandosi su grandezze fisiche e previsioni
analitiche. Proviamo pertanto, come docenti universitari a proporre di fare qualche passo avanti su
una questione che rischia di basarsi su una tifoseria tribale più che su elementi razionali.
Isolamento
Le affermazioni riguardo al «rompere l’isolamento» del Piemonte suonano paradossali e prive di
fondamento. Nel 2017 le tonnellate di merci che hanno varcato il confine italo-francese sono state
circa 44 milioni, pari approssimativamente ad un quinto di tutto quello che attraversa le Alpi ogni
anno (216 milioni di tonnellate). All’aeroporto di Caselle sono transitati 3.814.000 passeggeri; sui
treni Milano-Parigi che toccano Torino e transitano dal Fréjus c’è stata una presenza complessiva di
circa 500.000 viaggiatori.
Aggiungiamo il transito di autovetture ai valichi alpini da Ventimiglia al Monte Bianco ed è difficile
capire in che senso il Piemonte e Torino siano «isolati». Negli atenei torinesi ci sono quasi 10.000
studenti stranieri, circa il 9% del totale degli iscritti: per una città «isolata» non è male. Nell’era di
Internet parlare di isolamento è sempre più un concetto marginale.
Sostenibilità
Se dunque non è l’isolamento di merci e passeggeri a caratterizzare il Piemonte, si potrebbe
invocare la scarsa sostenibilità ambientale del traffico aereo e su gomma, quindi vedere il Tav
Torino-Lione semplicemente come sostituzione di modalità di trasporto.
Ma sostenibile non è un aggettivo magico da affiancare a qualsiasi cosa. La sostenibilità sta soltanto
in un’economia circolare, promossa dalla stessa Unione europea, che riduca i flussi di energia e
materia, quindi con una minor circolazione di merci. Per la nuova linea Torino-Lione (Ntlt) la
narrazione favorevole ipotizza invece un cospicuo e duraturo aumento delle tonnellate da
trasportare.
A prescindere dalla realtà che si incarica di smentire sostanziali tendenze alla crescita quantitativa
dei flussi attraverso la frontiera italo-francese, l’economia della crescita delle quantità materiali non
è sicuramente circolare e si trova agli antipodi della sostenibilità perché è in conflitto con vincoli e
leggi fisiche.
Tutto ciò è ben noto alla comunità scientifica internazionale ed illustrato in documenti delle Nazioni
Unite o nell’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco. La Nltl per essere realizzata consuma inoltre
molta energia e materie prime, produce imponenti emissioni di gas climalteranti che promette di
cominciare a recuperare solo dopo una ventina d’anni dall’apertura dei cantieri: per contenere i
cambiamenti climatici dobbiamo ridurre le emissioni subito, non tra vent’anni, e il denaro stanziato
per l’opera potrebbe essere diretto verso altre opere trasportistiche con ricadute immediate, anche
occupazionali, come l’estensione della mobilità elettrica e il miglioramento di quella urbana e
ferroviaria esistente.
Disuguaglianze
Le statistiche dell’Ocse e delle Nazioni Unite dicono che da decenni le disuguaglianze di reddito
sono in crescita, sia all’interno delle nazioni che fra di loro. Ciò indica che si tratta non di un
fenomeno congiunturale, ma strutturale. Di certo non sono i meccanismi della crescita materiale
competitiva a poter perseguire l’equità sociale, né si può sperare di curare la malattia lasciando
campo libero a multinazionali guidate esclusivamente dalla massimizzazione del profitto e che
spostano i propri investimenti da un paese all’altro in cerca del luogo in cui incontrino meno vincoli
ambientali e sociali mirando a minimizzare i costi.
Quella logica non mitiga gli impatti ma li scarica sugli altri e di certo non ottimizza, anzi minimizza,
la retribuzione del lavoro; l’occupazione è comunemente gestita come un ricatto nei confronti dei
pubblici poteri onde poter avere mano libera. Certamente la soluzione al problema delle
disuguaglianze non sono uno o più buchi nelle montagne, ma semmai la diffusione di nuovi modelli
economici e sociali che contemplino sostenibilità e resilienza.
Futuro
Il futuro va costruito in maniera solidale, tenendo conto dei limiti e dei vincoli del sistema
Terra-biosfera che oggi sono ben evidenti. Un ruolo chiave ce l’ha certo l’innovazione e la frontiera
possiamo trovarla nella chimica verde, nella biomimicry (biomimesi), nei processi circolari per
minimizzare la produzione di rifiuti e massimizzare l’efficienza energetica, nell’internet of things
(internet delle cose) e magari nel quantum computing (computazione quantistica); non nel
movimento terra e nel cemento.
Se il sistema imprenditoriale ha difficoltà a muoversi in questi campi non è perché manchi una
galleria. La strada non è quella di guardare al passato riproponendo i vecchi modelli che hanno
portato alla situazione presente di insostenibilità globale. Partendo da una base materiale,
comunque molto vasta, bisogna puntare sull’intelligenza e sull’immateriale, sulla qualità personale e
sociale della vita piuttosto che su un impossibile aumento delle tonnellate da spostare qua e là.
Un’illusione proposta come soluzione
Ma a suscitare la curiosità più grande è proprio l’accostamento tra quest’opera e la salvifica
risoluzione di problemi presenti e futuri. Anche lanciando oggi i lavori definitivi di costruzione
(finora mai partiti) dovremmo attendere decenni prima di vedere transitare un treno sulla nuova
linea ferroviaria da Torino a Lione. Il tunnel di base non sarebbe attivo prima della metà degli anni
’30 e i collegamenti nazionali non prima della fine degli anni ’40. E nel frattempo? Gli imprenditori
dovrebbero attendere fino ad allora quest’unica ipotesi di rilancio dell’economia?
Torino e il Piemonte continuerebbero a restare isolate (ammesso e non concesso che oggi lo siano)? I
nostri giovani continuerebbero ad emigrare, con l’unica consolazione di un biglietto di ritorno datato
2050? Rimarremmo tutti per vent’anni in trepidante attesa, certi del miracolo?
Nel nostro lavoro siamo abituati a ragionare in termini concreti, saldamente ancorati ad elementi di
realtà valutabili. Il progetto di nuova linea ferroviaria Torino Lione è notoriamente basato su
presupposti proposti alcuni decenni fa, oggi rivelatisi errati e anacronistici. Pensare di puntare tutto
su quest’opera ha più a che fare con il gioco d’azzardo che con la visione strategica. Per uscire tutti
insieme dalle difficoltà presenti non solo il nuovo tunnel di base non c’entra nulla, ma è
d’impedimento in quanto vorrebbe catturare risorse che dovrebbero molto più produttivamente
essere impiegate altrove.
***
Alessandra Algostino, docente universitario, Mauro Bonaiuti, docente universitario, Marina Clerico,
docente universitario e membro della Commissione Tecnica Torino Lione, Elisabetta Grande,
docente universitario, Sergio Foà, docente universitario,Ugo Mattei, docente universitario, Luca
Mercalli, Associazione Meteorologica Italiana, Dario Padovan, docente universitario, Livio Pepino,
già magistrato, Alberto Poggio, docente universitario e membro della Commissione Tecnica Torino
Lione, Angelo Tartaglia, già docente universitario e membro della Commissione Tecnica Torino
Lione
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