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DISCARICA DI SCAPIGLIATO 1982/2012

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grandi opere e salute PDF Stampa E-mail

Conferenza dei Territori – Firenze, 7 ottobre 2018

Paola Sabatini, CUB sanità


Ci sono molti punti che collegano le grandi opere e le lotte che in questi anni si sono sviluppate, al tema della salute e della sanità.

Un primo punto deriva dai dati dell’Agenzia europea dell’ambiente che ci dice che in Europa lo stato di salute della popolazione è aumentato con 491000 morti premature per inquinamento, di cui 84.400 solo in Italia. Anche in Toscana i dati pubblicati da poco dall’Arpat illustrano una situazione drammatica, con il 67% dei fiumi inquinato da fitofarmaci e con la media vergognosa del 51% di raccolta differenziata. Dati che di per sé dovrebbero portare alla conclusione che quello che serve non è aggiungere nuove fonti inquinanti ma un vero risanamento ambientale e interventi volti alla tutela dell’ambiente.

Il secondo punto sono i costi: la sanità come altri servizi essenziali, è stata il portafoglio a cui si è attinto in questi anni per raggiungere il pareggio di bilancio introdotto dal 2012 in costituzione. Il DEF per il 2018 ha tagliato alla spesa pubblica 3,5 miliardi di euro, la stessa cifra spesa per gli aerei di guerra F 35: quindi scelte politiche, non mancanza di soldi. Scelte militari che anche l’attuale governo conferma, riproponendo come propri fratelli gli Stati Uniti e la Nato.

Tagli alla spesa sanitaria totalmente ingiustificati in quanto la spesa sanitaria in Italia è il 6,5% del PIL: una percentuale vicina a quella che l’OMS fissa come soglia di allarme. Secondo l’OMS sotto il 6,5% del PIL si riduce non solo la qualità assistenziale e l’accesso alle cure ma anche l’aspettativa di vita.

Il nuovo governo nelle parole della ministra Grillo promette un miliardo in più per la sanità nel DEF per il 2019, a fronte del fabbisogno richiesto dalle regioni di 2,5 miliardi di euro solo per contratti, sblocco turnover e manutenzioni strutturali.

Attualmente  in sanità sono stati tagliati in 10 anni 45.000 posti letto,  sono stati persi più di 40000 dipendenti, si stima che in Italia manchino 132.400 infermieri, si stima che fra pochi anni mancheranno anche i medici di base, a causa del blocco degli ingressi a medicina: una situazione  che rende il lavoro in sanità sempre più difficile e gravoso, mentre si sviluppa una sanità delle assicurazioni private, incrementata anche dall’introduzione nei contratti di lavoro dell’assistenza sanitaria integrativa. I sindacati confederali si fanno complici della distruzione del sistema sanitario pubblico ed universalistico voluto dalla nostra costituzione e dalla riforma sanitaria.

A fronte di questi tagli si sentono miliardi e miliardi di soldi pubblici impiegati per le grandi opere inutili e dannose.

Il terzo punto riguarda le grandi opere in sanità: perché a fronte di tagli a personale e risorse umane, i soldi per le grandi opere si trovano: in Toscana ma anche in altre regioni sono stati costruiti i quattro nuovi ospedali, Prato, Pistoia, Lucca e Massa, tutti con il sistema del Project financing. Altri ne erano progettati: anche per influenza di iniziative e lotte, con il supporto di Ivan Cicconi, compianto studioso del problema, il progetto si è arrestato: l’area di San Salvi doveva essere venduta per costruire il nuovo San Giovanni di Dio perché nonostante recente, non rispondeva alle nuove normative antisismiche, anche Livorno doveva avere un ospedale con queste caratteristiche, lo stesso il Mugello. Al momento il processo si è arrestato. La stessa Corte dei conti lo scorso anno  ha dovuto rilevare che questa operazione era stata troppo costosa per il pubblico: costo totale 379 miliardi, di cui 303 sborsati dal pubblico, il privato ne ha messi solo 75 ma si è aggiudicato  una rendita sicura per 20 anni con un canone fisso garantito dal pubblico a fronte della concessione di tutti i servizi non sanitari al privato: una rendita quantificata in 1,227 miliardi di euro, un bell’investimento per il privato, un aumento del debito pubblico per la regione. Tutti questi ospedali hanno mostrato problemi strutturali e di impiantistica fin dalla loro apertura, ma soprattutto si sono accompagnati al progressivo depotenziamento dei presidi ospedalieri delle aree disagiate e di montagna. Una logica di accorpamento e centralizzazione che tende ad allontanare i servizi dai cittadini, anche con l’accorpamento dei presidi sanitari, dei servizi distrettuali e dei consultori.

Da circa un anno si è costituita una rete dei comitati, associazioni per il diritto alla salute: la campagna “dico 32” si propone di coordinare e mettere in rete tutte le realtà che sono attive sulla difesa della salute e della sanità pubblica. Nell’ultima riunione del 15 settembre si è discusso anche di una possibile manifestazione nazionale, vedendola però come un punto di arrivo di iniziative locali e territoriali. Sarebbe importante tenere in rete la lotta contro le grandi opere e per la tutela dell’ambiente con la lotta per il diritto alla salute e alla sanità pubblica e universalistica.

Il 26 ottobre  è indetto lo sciopero da alcune sigle sindacali(CUB - USI - SICobas - SLai Cobas): uno sciopero che  vede fra i suoi obiettivi  anche la lotta contro le grandi opere e per la tutela dell’ambiente e del territorio:  sappiamo che le grandi opere non creano lavoro ( per un inceneritore non sia arriva a 20 occupati ma per la raccolta differenziata serve un lavoratore ogni 1000 abitanti), mettono a rischio la salute di lavoratori e cittadini  e non creano futuro: noi pensiamo che sia possibile coniugare lavoro, salute, sicurezza e ambiente.